Il popolo italiano potrà salvarsi superando l’attuale crisi e rinascendo a nuova vita a due condizioni indispensabili. La prima condizione, la più importante, è che l’Italia – non solo come somma di cittadini ma anche come nazione – ritorni a professare la Fede e a praticare la morale cristiana cattolica ricevuta dai suoi padri. La seconda condizione, anch’essa necessaria, è che l’Italia adempia lamissione storica affidatagli dalla Divina Provvidenza, portando a compimento il proprio “dovere di stato”, per così dire; ciò comporta che il nostro popolo riscopra, promuova e difenda la sua identità tradizionale, quale deriva dalle sue radici religiose, morali e politiche.
Italia, terra della Chiesa e dell’Impero
Per capire questa seconda condizione e valutarne l’importanza, bisogna individuare ciò che il popolo italiano ha di specifico rispetto alle altre nazioni e al suo stesso passato. Ciò comporta cogliere il rapporto che l’Italia ha con i due massimi ideali della storia, ossia quello politico e quello religioso, e quindi con le due grandi istituzioni universali della storia, ossia l’Impero e la Chiesa; bisogna quindi capire ciò che l’Italia di oggi ha non solo di simile ma anche di dissimile da Roma, sia quella antica dei Cesari che quella medievale dei Papi. Pretendere che l’Italia di oggi rinnovi la Roma dei Cesari costituì l’errore anticlericale, dal ghibellinismo all’Umanesimo al giacobinismo al fascismo; pretendere che l’Italia di oggi rinnovi la Roma dei Papi costituì l’errore clericale, dal guelfismo in poi.
Per cogliere la missione storica dell’Italia, bisogna prima cogliere le caratteristiche essenziali dell’“italico genio”. Secondo lo storico tedesco Jakob Burckhardt, l’Italia è la massima espressione di quel “genio latino” che sa elevare la spontaneità vitale al livello dell’affinamento culturale. Secondo lo storico inglese Christopher Dawson, l’Italia è un ponte tra Oriente e Occidente, ossia tra fede e ragione, tra mistica e azione, nella prospettiva di unirle in una sintesi armonica. Secondo il nostro letterato Giovanni Papini, poiché l’Europa è il microcosmo del mondo, l’Italia è a sua volta “il microcosmo dell’Europa” e quindi del mondo intero, perché gl’Italiani hanno la capacità di unire, equilibrare ed armonizzare qualità opposte in una feconda sintesi (G. Papini, Italia mia,Vallecchi). Secondo il beato sociologo Giuseppe Toniolo, l’Italia ha la missione di «ricollegare, fondere e rappresentare armonicamente il genio, i pensieri, le aspirazioni e le tradizioni di tutti i popoli, e di servire così da mezzo e tramite per riavvicinarli immediatamente al foco della civiltà cristiana in Roma» (G. Toniolo,Democrazia cristiana, Città del Vaticano 1949).
Ma soprattutto, come amava dire Plinio Corrȇa de Oliveira, l’Italia è «il cuscino su cui posa il Capo del Corpo Mistico di Cristo», ossia quel Capo della Santa Chiesa che è rappresentato sulla Terra dal Papato. Per dirla con Vincenzo Gioberti – una volta tanto ben ispirato! – «l’Italia è l’organo della ragion suprema e della parola regale e ideale, fonte, regola, guardia di ogni altra ragione e loquela, perché ivi risiede il capo che regge, il braccio che muove, la lingua che ammaestra e il cuore che anima la Cristianità universale» (V. Gioberti, Del primato morale e civile degl’Italiani). Pertanto Giovanni Paolo II ammonì che «all’Italia, in conformità alla sua storia, è affidato in modo speciale il compito di difendere il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli Apostoli Pietro e Paolo» (Giovanni Paolo II, Lettera ai vescovi italiani, del 6-1-1994). Per provvidenziale disposizione, il contributo italiano alla storia della civiltà passa attraverso il suo concreto servizio alla Chiesa Cattolica e innanzitutto al Papato. Per molti secoli, la nazione italiana è stata fedele a questa sua missione, e, sia pure tra alti e bassi, essa ha saputo mettere a servizio di Roma quell’insieme di doni soprannaturali, di doti naturali e di acquisizioni storiche, che sono necessari affinché la Santa Sede possa compiere facilmente la propria missione evangelica.
L’imponderabile grandezza del genio italico
Essendo cattolico per vocazione religiosa e per missione storica, il genio italico è essenzialmente universale, ecumenico, cosmopolita: lo dimostra il successo avuto dagl’Italiani come esploratori, conquistatori, civilizzatori, missionari, politici, giuristi, diplomatici, artisti, commercianti. È grazie a tali qualità che nel passato il nostro popolo ha saputo esportare la fede e la civiltà, ha condotto i ribelli all’ordine, i barbari alla saggezza, gli empi alla santità, gli eretici all’ortodossia; ha insegnato quanto possano la fede e l’intelligenza, il sacrificio e il coraggio, la creatività e l’industriosità.
L’universalità del genio italico si manifesta nella sua capacità di realizzare l’unità nella pluralità, l’armonia delle diversità, risolvendo in tal modo quel grande problema sociale (dalle radici metafisiche) che è il rapporto tra l’uno e il molteplice. L’Italiano è portato a cogliere gli elementi primari delle cose, a unire e armonizzare le verità fondamentali sottomettendole a quel principio unitario che permette di realizzare le creazioni più varie e complesse. Il genio italico intuisce ciò che è fondamentale nella cultura e nella storia, dà forma universale all’agire umano elevandolo a norma, regola, legge valida erga omnes,inserendolo in un ordine di rapporti gerarchici che lo rendono fecondo. Il genio italico sa togliere a una esperienza storica, a una determinata conquista intellettuale o morale, ciò che di particolare e relativo l’ha generata, allo scopo di esprimerla in una forma universale che possa costituire una eredità perenne, “thèma eis aèin”, come dicevano gli antichi Greci.
Quest’abilità permette al genio italico di correggere quelle numerose civiltà che troppo spesso, assolutizzando il relativo e genericizzando lo specifico, finiscono col favorire l’eccesso, la separazione, la discordia e l’anarchia. Grazie a questa correzione, il genio italico riesce a purificare, nobilitare e assimilare le intuizioni e le conquiste creative dei popoli, rendendole universali e diffondendole a beneficio dell’umanità intera. In tal modo, l’Italia esprime l’unità delle conquiste e delle esperienze umane nel linguaggio della tradizione, realizzando la pienezza della sapienza umana alla luce della Sapienza divina e mettendola al servizio della suprema Causa.
Il compito e il destino dell’Italia
All’Italia, primogenita delle nazioni cristiane, spetta tuttora il ruolo storico di esortare le altre nazioni a considerare la visione cattolica come “verità, via e vita” per il mondo intero. In particolare, le spetta il compito di ricordare ai popoli che la salvezza si realizza solo nella verità, che la verità scaturisce dalla duplice fonte della fede e della ragione, che la civiltà nasce dall’unione gerarchica tra loro. Di conseguenza, nella vita pratica, all’Italia spetta il compito di realizzare l’armonia tra religione e politica, Chiesa e Stati, diritto ecclesiastico e diritto civile.
Non è un caso che i periodi migliori della storia italiana siano stati quelli in cui il nostro popolo ha compiuto (sebbene imperfettamente) questa sua missione provvidenziale, come accadde ad esempio nell’epoca aurea di san Gregorio VII e Innocenzo III, di san Tommaso e san Bonaventura, di Dante e Giotto, dei Comuni e delle Corporazioni. Al contrario, i periodi peggiori della storia italiana sono quelli in cui il nostro popolo ha eluso o tradito quella sua missione, contribuendo a separare la ragione dalla fede, la scienza dalla filosofia, l’arte dalla religione, la politica dalla teologia, il diritto civile da quello ecclesiastico, come accadde a partire dal cosiddetto Umanesimo del XV secolo, l’Italia elegante ma squilibrata di Valla, Pico e Machiavelli e si è ormai compiuta in quella corrotta e cinica del nostro tempo.
Così, oggi le delusioni e i fallimenti che patiamo costringono il popolo italiano a riconsiderare il grave problema di realizzare una cultura, una morale e una politica sagge e sante: ossia non utopistiche né machiavelliche, non clericali né laiciste, non guelfe né ghibelline, ma fondate sulla verità rivelata, sul bene oggettivo e sulla giustizia equa, ispirati dalla vera teologia e guidati dalla retta filosofia. È per questo che ormai il pubblico dibattito è tornato a parlare, per quanto vagamente e impropriamente, di “vita buona”, di “virtù sociali”, di “diritto naturale”, di “religione civile” e perfino di “teologia politica”.
Questa missione religiosa, morale e politica dell’Italia rimane tutt’oggi il compito principale del nostro popolo. Lo realizzerà nel prossimo futuro? O continuerà a tradirlo e finirà col dover lasciare il passo a popoli più fedeli alla chiamata celeste? Ad esempio, manterrà il privilegio di essere la sede della Cattedra di Pietro? O lo perderà, come sembra abbiano profetizzato alcuni veggenti? La risposta dipende innanzitutto dai divini progetti, ma anche dalla nostra corrispondenza ad essi. Comunque sia, Dio non tollera apostasie e non ammette che una missione provvidenziale rimanga incompiuta. Quando un nuovo Esaù vende la propria primogenitura, un nuovo Giacobbe l’acquista; quando un nuovo Giuda tradisce, un nuovo Mattia lo sostituisce. Già a suo tempo l’antica gloria di nazioni colte e ricche, come l’Egitto, la Persia e la Grecia, fu abbattuta e sostituita da quella nuova di nazioni barbare e povere, come la Spagna, la Francia, la Gran Bretagna e la Germania. Se quindi l’Italia tradirà fino in fondo la propria missione, un altro popolo prenderà il suo posto come protagonista della imminente rinascita cristiana, dando al nuovo Impero cattolico, e forse anche al futuro Papato, un’altra sede geografica e un’altra base etnica e un’altra linfa culturale.
Ovviamente, noi speriamo che Dio provvederà diversamente e riscatterà la nazione italiana dalle sue colpe storiche, risanandola dai suoi antichi vizi e reinserendola nel provvidenziale progetto di riscossa e rivincita. Il fatto che il nostro popolo italico sia rimasto devoto alla Madonna e che l’Italia possa essere tuttora considerata come “terra di Maria”, ci fa sperare che la sua missione storica non sia esaurita. Ma è prevedibile che, come tutte le purificazioni, anche questa passerà attraverso il fuoco e richiederà il tributo di sangue rievocato da san Paolo.
Guido Vignelli