Sabato 21 Dicembre 2024

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San Pio X Papa dell’Eucarestia, della carità, della verità

L’ultimo pontefice finora canonizzato dalla Chiesa Cattolica veniva dalla marca trevigiana, era figlio di gente umile (padre fattore, madre sarta) e in tutta la sua vita ecclesiastica non ebbe cattedre universitarie, non scrisse celebrati libri, né praticò in alcun modo la carriera diplomatica. Nulla fece, insomma, che potesse far immaginare non solo dove un giorno sarebbe arrivato, cioè all’onore e all’onere più alto di questo mondo, ma soprattutto ciò che avrebbe poi fatto e scritto.   Santo e austero nell’anima e nel corpo Di più. Giuseppe Sarto (Riese, 2 giugno 1835 – Roma, 20 agosto 1914) era di carattere mite, pacifico, assolutamente dolce (ma mai sdolcinato: anzi, sempre fermo nella difesa delle sacrosante norme liturgiche, dottrinali e morali della Chiesa, e questo fin dalla gioventù), costantemente intento al servizio della carità fraterna, in nome della quale, da seminarista, da sacerdote, da vescovo, da Patriarca e infine da Papa, spese sempre tutto ciò che aveva, privandosi sovente anche del suo personale per sovvenire ai più svariati bisogni della vita quotidiana delle sue pecorelle, vicine e lontane (noto a tutti è quanto si spese per i terremotati di Sicilia, insieme a san Luigi Orione). Dalla vita austera, alieno da ogni forma di nepotismo, ovunque fosse mandato a svolgere la sua missione, lasciò della sua persona e del suo operato un ricordo meraviglioso in tutti, e ovunque fu sempre amato, da tutti ritenuto santo, e poi rimpianto. Se Giuseppe Sarto, insomma, ha potuto fare la “carriera” che ha fatto (e che, puntualmente, lui ha sempre tentato di “frenare” in ogni modo, sebbene alla fine rimanendo sempre obbediente a ogni incarico la Provvidenza gli affidasse tramite i suoi superiori), non fu per quelle caratteristiche di “fascino” intellettuale o arte diplomatica e politica oggi tanto indispensabili per essere considerato e notato negli ambienti tanto mondani quanto purtroppo nelle stesse gerarchie ecclesiastiche; ma fu anzitutto per le sue incontenibili bontà e generosità personali, che apparivano immediatamente non solo dalle azioni quotidiane ma anche dal suo stesso sembiante, sempre, dalla giovinezza alla morte, fatto di pura bellezza del volto e maestosa e allo stesso tempo umile personalità, come evidente traspare dalle foto che abbiamo di lui nelle varie fasi della sua benedetta esistenza.   La Verità nella carità Era necessaria questa pur brevissima premessa, che meriterebbe ben altra esplicazione di fatti e prove, per chiarire una cosa a monte: san Pio X è ricordato come il papa che ha condannato con rigida e impietosa fermezza il modernismo e il processo di “aggiornamento” della Chiesa nel mondo odierno. Ebbene, ciò è assolutamente vero, come diremo tra poco: ma questa non è l’“essenza” della sua santità personale; la sua provvidenziale e tempestiva opera antimodernista fu conseguenza della sua santità personale. San Pio X non è santo perché fu antimodernista. Fu antimodernista perché era santo. E lo fu nella misura in cui era santo. Come era solito dire, “Guai se il medico è pietoso”. E così non ebbe esitazione alcuna nella fermissima condanna del modernismo, “sintesi di tutte le eresie” e di tutte le relative pubblicazioni, istituzioni e anche degli uomini ad esso asserviti. Quello stesso “umile sacerdote di campagna”, così semplice, caritatevole e buono, divenne, una volta alla guida della barca di Pietro nella tempesta, il salvatore della retta dottrina, il più fine e attento dei teologi, il più profondo dei filosofi, il più energico dei leader religiosi, il più impietoso (contro l’errore) dei medici spirituali. “Veritatem facientes in caritate” sarebbe ben potuto essere il suo motto programmatico di Pontefice. Egli scelse invece “Instaurare omnia in Christo”. Ma, a ben vedere, è la stessa cosa. È sempre un figlio devoto dell’Apostolo delle Genti che usa la spada spinto dal fuoco del suo amore per Dio e per il prossimo.   La guerra al serpente modernista Una volta pontefice, la sua guerra all’errore micidiale del cancro interno alla Chiesa divenne senza quartiere. L’11 giugno 1905 pubblicò l’Enciclica Il Fermo proposito, con la quale sciolse l’Opera dei Congressi (ormai infettata dalle eresie di Romolo Murri), ricostituendo poi il sodalizio con nuova struttura e affidandolo a uomini di piena fiducia, fra cui il beato Giuseppe Toniolo. Il 3 luglio 1907 condannò altre opere e 65 proposizioni con il decreto Lamentabili sane exitu, cui fece seguito la costituzione del “Sodalitium Pianum”, che aveva anche l’incarico di indagare su teologi, prelati e docenti sospetti di modernismo Poi, il passo gigantesco dell’uomo umile che tutto può in Colui che lo sostiene: l’8 settembre 1907 pubblicò l’Enciclica Pascendi dominici gregis, vero monumento di profondità teologica e sapienza filosofica, che fulmina il modernismo in ogni sua manifestazione filosofica, teologica, biblica, storica, critica e sociale; condanna i libri, gli opuscoli e i periodici propugnanti tali errori e sospende immediatamente quei “maestri” che con i loro scritti e coi loro insegnamenti li propalavano. E per riuscire ancora più incisivo nella sua guerra alla menzogna, sulla scia di san Pio V, scrisse un nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, questa volta più specificamente adatto ai giovani e ai semplici, sotto forma di domanda e risposta, proprio al fine di fornire ai più esposti alla diffusione dell’errore le giuste armi di difesa nella retta conoscenza della vera dottrina cattolica.   La “Crociata eucaristica” La sua luce spirituale e teologica, come la sua forza d’azione, gli provenivano dall’amore senza confini per l’Eucarestia. Questo era per lui l’alfa e l’omega della sua attività riformatrice. Al riguardo, ci teneva subito a chiarire che non occorreva dire niente di nuovo, perché san Tommaso d’Aquino aveva già detto tutto e per sempre, ma occorreva riscoprire un rinnovato amore e una più profonda devozione. Con vari decreti ed encicliche, comandò la Comunione frequente, anche quotidiana (e per questo ridusse a tre ore il tempo necessario a poter assumere cibo prima di accostarsi alla Comunione), fondò varie associazioni e favorì pubblicazioni per l’adorazione del Ss.mo Sacramento fino all’Apostolato della Preghiera, nato dopo la sua morte ma certamente frutto della sua strenua attività. Soprattutto, però, raccomandò (ed ebbe anche ad affrontare resistenze interne per questo) la Prima Comunione dei bambini già a sette anni, onde evitare che, in età più adulta, la loro anima la potesse ricevere già imbrattata dall’ombra del peccato.   La purezza del sacerdozio e del culto Dal culto eucaristico nasceva per lui la necessità della santità dei sacerdoti, condizione imprescindibile per la diffusione del Cristianesimo nel mondo e per la salvezza delle anime. Nel sacerdozio vedeva il fondamento indispensabile alla realizzazione del suo programma di restaurazione di ogni cosa in Cristo (d’altro canto, pose un freno alla nascita di continue nuove congregazioni) ed era solito raccomandare ai vescovi di essere molto esigenti con la scelta dei sacerdoti: «Meglio pochi ma buoni. Che farcene se sono dubbi e indegni?». Volle un clero colto, e per questo favorì lo studio del tomismo sulla scia del suo predecessore e fondò la Commissione Pontificia per la revisione della Vulgata e l’Istituto Biblico. Riformò i seminari, creò il Grande Seminario Maggiore del Laterano, raccomandando ai vescovi una strenua vigilanza sui seminaristi. Ebbe a dire un giorno ai vescovi: «Vegliate sui Seminari, sugli aspiranti al Sacerdozio. Regna troppo spirito mortifero d’indipendenza per l’autorità e la dottrina! Si grida libertà, libertà, e io invece dico: Obbedienza, obbedienza!... Disciplina, disciplina!». Condusse quasi a termine la riforma del Diritto Canonico e riformò anche alcuni Dicasteri di Curia e i tribunali ecclesiastici. Non esitò (creando un certo scandalo) ad abolire alcune feste religiose che riteneva in quei giorni inopportune e diminuì i gravami delle norme del digiuno e dell’astinenza, in quanto, come ebbe saggiamente a dire, è meglio pretendere poco e vigilare che venga realmente fatto piuttosto che chiedere molto e chiudere gli occhi sapendo che quel molto non viene rispettato. Grande sostenitore della solennità del culto, riformò il canto liturgico e la musica sacra, affidandosi, quando ancora era a Venezia, al giovanissimo Lorenzo Perosi per ridonare grande importanza al canto gregoriano (scrisse un Motu proprio ad hoc). “La musica sacra deve essere santa, gli esecutori pii”, soleva dire, e fra tutti prediligeva il Palestrina.   Giorni drammatici della storia Come molti dei suoi predecessori sul Trono di Pietro aventi il nome da lui prescelto (Pio II, san Pio V, Pio VI e Pio VII, il beato Pio IX), e come accadrà poi anche a Pio XII, san Pio X visse momenti drammatici nella storia politica e sociale dei suoi giorni. Alieno da esperienze diplomatiche e politiche dirette, ebbe però un “gran fiuto” nella scelta del suo Segretario di Stato, il giovane card. Rafael Merry del Val y Zulueta, sia per le sue eccellenti capacità politiche, ma sia ancor più per la sua profonda pietà personale e serietà di religioso. Insieme, seppero, per quanto possibile, fronteggiare la terribile politica anticattolica della Francia massonica della Terza Repubblica, senza però cedere in nulla alla lotta per i principi imprescindibili. Nel 1906 con l’Enciclica Vehementer Nos dell’11 febbraio, l’Allocuzione concistoriale Gravissimum del 21 febbraio e l’Enciclica Gravissimo Officii Munere del 10 agosto, proibì ogni attività collaborativa all’applicazione della nuova legge ed esortò i cattolici francesi a opporvisi con mezzi legali per difendere la tradizione cattolica del Paese. Analoghe tensioni si registrarono con il Portogallo dopo l’avvento nel 1910 della repubblicaguidata da gruppi di potere anticlericali massonici. San Pio X rispose il 24 maggio 1911 con l’Enciclica Iamdudum. Non molto meglio andava in Italia, dove ormai sembrava inarrestabile l’avanzata dei socialisti di Turati (e di Mussolini). Egli e il suo Segretario di Stato intuirono la necessità di una deroga al Non expedit di Pio IX per dar modo ai cattolici di votare i liberali di Giolitti (ormai non più impregnati di anticlericalismo come nei decenni precedenti) nei collegi ove il rischio socialista era altissimo, come a Milano (operazione politica poi pienamente riuscita). Inoltre, negli anni del nazionalismo trionfante, san Pio X profetizzò – inascoltato – la minaccia incombente di quello che lui chiamava il “guerrone”, che sarebbe cominciato nel 1914 e avrebbe distrutto l’Europa. Mai profezia si avverò meglio, purtroppo… Fu tale il suo dolore per questo, che offrì la sua vita a Dio per scongiurarlo, e ne morì di crepacuore il 20 agosto 1914, due settimane dopo le dichiarazioni di guerra e due settimane prima dell’inizio della mostruosa strage della Somme. Come fu detto allora, fu la prima vittima della Grande Guerra! (e, forse, anche del dolore accumulato in tanti anni nella sua lotta senza quartiere al tumore modernista).   Santo! Tutto quanto detto in poche righe fu da Giuseppe Sarto comprovato nella maniera più sublime che a un uomo possa spettare: con una serie innumerevole di guarigioni scientificamente inspiegabili, sia quando era ancora in terra, sia dopo la morte. Fu uomo di carità, Papa al servizio della Verità e della purezza, santo innamorato di Cristo Eucarestia e di Maria Immacolata, alla quale dedicò un’apposita enciclica non appena salito al Trono di Pietro (Ad Diem Illum Laetissimum, 2 febbraio 1904). Quanto servirebbe alla Chiesa, nei prossimi anni, un pontefice come san Pio X?   Massimo Viglione