Ultimamente - per ovvie ragioni - girano vari articoli e interventi sulle crociate. Ci permettiamo allora di riproporre un articolo specificamente incentrato sulle ragioni della legittimità storica, religiosa e morale delle crociate, che speriamo possa essere utile per rispondere alle usuali accuse.
E lo facciamo nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria di san Luigi IX Re di Francia, il Re crociato per antonomasia, che di crociate ne fece di sua iniziativa addirittura due, trovando la morte nella seconda (1270).
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Per la formulazione di un giudizio idealmente e storicamente corretto sul fenomeno delle crociate nel suo insieme e sull’idea di Crociata in sé, occorre a monte richiamarsi ad alcuni princìpi imprescindibili e attenersi a dati storici precisi:
I territori di quella che per gli ebrei prima di Cristo era la “Terra Promessa” appartenevano appunto agli ebrei dai tempi di Mosè. I vari conquistatori (e per ultimi i Romani), nel corso dei secoli, non avevano intaccato questo principio: sebbene sotto conquista straniera, la Palestina/Israele era di fatto e di diritto la terra degli ebrei, il Regno di David, l’unico ricevuto e consacrato da e a Dio.
Da un punto di vista religioso e cristiano, gli ebrei, non riconoscendo – e condannando a morte – il Messia, perdettero per sempre il ruolo di “popolo eletto”, e, di conseguenza, il diritto a possedere la Terra Promessa, non essendo e costituendo più di fatto la “sinagoga/Chiesa” di Dio.
Con la distruzione del Tempio di Gerusalemme (unico centro religioso e civile degli ebrei) ad opera dei Romani (Tito, 70 d.C.) e con la loro cacciata definitiva dalla Palestina (Adriano, 132 d.C.), cambia per sempre la situazione: gli ebrei dovettero in massa abbandonare la loro terra (diaspora), di cui di fatto (cioè storicamente e politicamente) persero il controllo e il possesso.
Nel frattempo, la Palestina (non più Israele) da un lato continuò per secoli ad essere una provincia romana, dall’altro divenne per i cristiani la “Terra Santa” per eccellenza, dove il Figlio di Dio era nato, vissuto, aveva patito ed era morto e risorto per il riscatto di ogni uomo dal male e dal peccato, divenendo il Salvatore dell’umanità. Ciò significava, idealmente e in concreto, che la Palestina era ora appunto la “Terra Santa” in quanto terra di salvezza di ogni battezzato al mondo. Ciò fu ancora più evidente a tutti quando nel 380 d.C. l’Imperatore Teodosio a Tessalonica proclamò il Cristianesimo “Religione dell’Impero”. Roma si era fatta cristiana e lo stesso Vicario di Cristo risiedeva a Roma: era chiaro insomma che la Terra Santa apparteneva a Roma non più solo politicamente e militarmente, ma anche spiritualmente.
Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.), la Terra Santa rimase ancora per due secoli provincia dell’Impero Romano d’Oriente, quindi “romana” e “cristiana” allo stesso tempo.
Nella prima metà del VII secolo nasce una nuova religione, l’Islam, e nella seconda metà i musulmani conquistano la Terra Santa. Ora, è evidente a tutti che quella che era stata prima la Terra Promessa per gli ebrei, poi il Regno di Israele, poi provincia romana, infine la Terra Santa dei cristiani, nulla aveva a che vedere con gli arabi-islamici, se non per diritto di violenza. L’avevano conquistata manu mulitari, e perseguitavano i cristiani ivi residenti e i pellegrini.
Questa premessa era necessaria per chiarire due principi a monte: 1) l’inesistenza assoluta da parte islamica di un diritto al possesso della Terra Santa, se non la mera forza della violenza; 2) la perduta legittimità da parte ebraica al possesso della Terra Santa, con il passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento.Questa premessa era necessaria per chiarire due principi a monte: 1) l’inesistenza assoluta da parte islamica di un diritto al possesso della Terra Santa, se non la mera forza della violenza; 2) la perduta legittimità da parte ebraica al possesso della Terra Santa con il passaggio dall’antico al nuovo Testamento. 2) la perduta legittimità da parte ebraica al possesso della Terra Santa, con il passaggio dall'Antico al Nuovo Testamento.
A tali questioni di principio, occorre poi unire il dato storico degli eventi dei secoli susseguenti, vale a dire il fatto che dal VII all’XI secolo l’Islam ha sistematicamente attaccato e invaso manu militari gran parte delle terre di quello che era l’Impero Romano d’Occidente (premendo nel contempo senza sosta alle porte di quello d’Oriente), conquistando gran parte del Medio Oriente, l’Africa del Nord, la Penisola Iberica, tentando di varcare i Pirenei, poi occupando la Sicilia, la Sardegna e la Corsica, risalendo con scorrerie fino a Lione e poi in Svizzera e alle Alpi, ponendo delle enclave fisse vicino Roma (le basiliche di San Pietro e San Paolo e l’abbazia di Montecassino furono distrutte), ma soprattutto terrorizzando per secoli le popolazioni cristiane mediterranee, specialmente quelle italiane.
Quattro secoli di invasioni militari (massacri di uomini, deportazioni di donne negli harem, conversione forzata dei bambini) e razzie, di cui nessuno mai potrà fare il calcolo non tanto dei danni materiali, quanto del numero dei massacrati e del dolore immenso causato a intere generazioni di cristiani, senza che questi potessero in alcun modo contrattaccare.
Gli stessi pellegrini che andavano in Terra Santa venivano spesso massacrati, specie a partire dall’XI secolo, con l’arrivo del dominio dei turchi selgiuchidi.
Tutto quanto detto deve essere tenuto presente prima di emettere qualsivoglia giudizio storico e morale sulla crociate: non si può infatti presentare i crociati come una “banda di matti fanatici” e ladri che calò improvvisamente in Palestina per rubare tutto a tutti e uccidere i poveri musulmani indifesi. Ciò è solo ridicolo, evidentemente sostenuto da chi non cerca la verità storica ma è mosso solo dal suo odio anticristiano (o dalla sua simpatia filoislamica).
Come sempre ufficialmente dichiarato dalla Chiesa tramite la voce dei Papi e dai teorici del movimento crociato (fra questi, san Bernardo di Chiaravalle) e dai teologi medievali (fra gli altri, san Tommaso d’Aquino e anche santa Caterina da Siena), lo scopo e la legittimità delle crociate risiedono nei seguenti princìpi fondamentali:
Il diritto/dovere assoluto della Cristianità a rientrare in possesso dei Luoghi Santi;
La difesa dei pellegrini (e a tal fine nacquero gli Ordini monastico-cavallereschi);
La legittima difesa dai secolari assalti della Jahad islamica.
Come si può notare, tutti e tre i princìpi indicati si fondano pienamente sul diritto naturale: quello del recupero della legittima proprietà privata lesa, quella della difesa del più debole dalla violenza ingiustificata, quello della legittima difesa da un nemico ingiustamente invasore.
È interessante notare a riguardo che le fonti islamiche sulle crociate, pur accusando i crociati di atti barbarici e stragisti di ogni genere, mai mettono però idealmente in dubbio il loro diritto alla riconquista dei Luoghi della Redenzione di Cristo. Da conquistatori, essi sanno che il diritto del più forte, su cui essi si fondano, prevede anche il contrattacco.
A questi tre princìpi poi, santa Caterina da Siena ne aggiunge un altro: il doveroso tentativo di conversione degli infedeli alla vera Fede, per la loro salvezza eterna, bene supremo di ogni uomo.
Per necessaria completezza, occorre tener presente poi che il movimento crociato non si esaurì nell’ambito dei due secoli (1096-1291) in cui avvennero la conquista e la perdita della Terra Santa da parte cristiana (crociate tradizionali); infatti, a partire dal XIV secolo, e fino agli inizi del XVIII, con l’avanzata inarrestabile dei turchi ottomani, di crociate se ne dovettero fare in continuazione; questa volta però non per riprendere i Luoghi Santi, ma per difendere l’Europa stessa (l’Impero Romano d’Oriente cadde in mano islamica nel 1453) dalla conquista musulmana. I soli nomi di Cipro, Malta, Lepanto, Vienna (ancora nel 1683) ci dicono quale immane tragedia per secoli si è consumata anche dopo le stesse crociate “tradizionali” e ci testimoniano un fatto incontrovertibile e di importanza capitale: per quattro secoli prima e per altri quattro secoli dopo le crociate “tradizionali”, il mondo cristiano è stato messo sotto attacco militare dall’Islam (prima arabo, poi turco), subendo quella che può definirsi la più grande e lunga guerra d’assalto mai condotta nella storia, in obbedienza ai dettami della Jahad (Guerra Santa) voluta e iniziata da Maometto stesso.
Mille anni di guerre. Per questo, occorre essere sereni, preparati e giusti nei giudizi.
Le crociate furono insomma anzitutto guerre di legittima difesa e di riconquista di quanto illegittimamente preso da un nemico invasore. Pertanto, ebbero piena legittimità storica e ideale (ciò non giustifica, ovviamente, tutte le violenze gratuite commesse da parte cristiana nel corso dei secoli). Ancor più ciò è valido a partire dal XIV secolo, quando l’unico scopo del movimento crociato divenne la difesa della Cristianità intera aggredita dai turchi.
Massimo Viglione