Sabato 21 Dicembre 2024

17:16:49

La Tradizione

Che cosa è la Tradizione e in che rapporto sta con la Scrittura e il Magistero

Il termine “tradizione” significa “trasmissione”.

Nel senso teologico, la Tradizione si può definire come la Parola di Dio, concernente la fede e la morale, non scritta, ma trasmessa a voce da Gesù, dagli Apostoli e da questi ai loro successori fino a noi.

La Tradizione si dice divina quando riguarda l’insegnamento che viene direttamente da Gesù; divino-apostolica quando riguarda l’insegnamento degli Apostoli secondo l’ispirazione dello Spirito Santo. Gesù, infatti, promise: «Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv. 14,26)

Gesù, dopo aver predicato (e non scritto) la sua dottrina, affidò agli apostoli la missione non di scrivere ma di propagare oralmente quanto avevano udito dalle sue labbra o avrebbero imparato dai suggerimenti dello Spirito Santo: «Andate dunque ad insegnare a tutte le genti» (Mt. 28,18) «Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo a ogni creatura» (Mc. 16.15)

Il vero rapporto tra Tradizione e Scrittura

Quali sono le fonti della Rivelazione? I cattolici dicono che sono due: laTradizione e la Scrittura. I protestanti dicono, invece, che è solo la Scrittura. Chi ha ragione?

Gesù ha dato come comando ai suoi discepoli quello di evangelizzare e di battezzare, non certo quello di scrivere. Ci sono delle parole nel Vangelo di san Giovanni che possono aiutarci a dare una risposta alla domanda di cui sopra. Al capitolo 21 (versetti 24-25) di questo vangelo è scritto: «Questo è il discepolo che rende testimonianza di queste cose, e che ha scritto queste cose; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose che Gesù ha fatte; se si scrivessero a una a una, penso che il mondo non potrebbe contenere i libri che se ne scriverebbero». Certamente l’evangelista esagera, ma la sua esagerazione sta a indicare che non tutto ciò che Cristo ha detto e ha fatto è presente nei vangeli; c’è molto altro che non è stato messo per iscritto.

Dov’è allora questo altro? È nella Tradizione.  La Tradizione è la verità che viene trasmessa da apostolo in apostolo.

Ovviamente tra la Tradizione e la Scrittura non vi è conflitto, perché ciò che è presente nella Tradizione, seppur non necessariamente esplicitata dalla Scrittura, non è in contraddizione con ciò che è nella Scrittura stessa.

Rimane però una questione. Che rapporto c’è tra Tradizione e Scrittura?

La dottrina cattolica afferma che in un certo qual modo la Tradizione è giudice della Scrittura, nel senso che la Tradizione, in ciò che è identificabile colMagistero, deve interpretare cosa è scritto nella Scrittura. Il protestantesimo non accetta questa verità cattolica, anzi – come abbiamo detto prima – per il protestantesimo la Scrittura da sola costituirebbe l’unica fonte della Rivelazione. Ma qui vien fuori una contraddizione. Fu infatti proprio la Tradizione espressa dal primo Magistero a decidere quali testi dovessero essere riconosciuti autentici. La palese contraddizione di Lutero è stata quella di negare valore alla Tradizione e al Magistero e poi di accettarne i frutti. Infatti, anch’egli riconobbe che i vangeli canonici fossero solo quelli di Matteo, Marco, Luca e Giovanni e non altri, decisone, questa, del Magistero delle origini.

Se la Tradizione non esistesse, non esisterebbe nemmeno il Magistero. Parafrasando la famosa espressione evangelica, possiamo dire che la Chiesa pur non essendo della storia è comunque nella storia. Ciò implica che la Tradizione debba sempre essere resa “viva”, nel senso che deve sempre saper “rispondere” ai singoli problemi che i diversi contesti storici possono presentare. Ma Tradizione “viva” non significa che possa mutare e quindi, nei contenuti, adattarsi ai tempi. No. “viva” vuol dire che la Tradizione in quanto verità perenne deve saper rispondere a tutte le questioni, anche quelle che di volta in volta si presentano nel corso della storia.

Un esempio chiarificatore: nella Scrittura e nella Tradizione è contenuta la verità secondo cui i fini inscindibili della sessualità sono il procreativo e l’unitivo; ma ovviamente non possono nella Scrittura e nella Tradizione essere esplicitate le risposte ai vari metodi contraccettivi che il divenire storico ha poi presentato. Sta al Magistero “attualizzare” la Tradizione, non inventando qualcosa di nuovo, né tantomeno tradendo ciò che è stato precedentemente affermato, ma “rinnovando” (nel senso di “rendere nuovamente nuovo”) gli eterni principi, e quindi condannando la pratica contraccettiva secondo le varie tecniche che la storia di volta in volta presenta. Un altro esempio si può fare con alcune questioni di bioetica. La Scrittura e la Tradizione non possono direttamente fare riferimento a tecniche di fecondazione artificiale. Ciò che ovviamente hanno in sé è il principio secondo cui l’uomo compartecipa (pro-crea) e non dispone dell’azione creatrice della vita che è unicamente di Dio. Sta dunque al Magistero “insegnare” questo principio in relazione alle recenti problematiche e quindi condannare qualsiasi fecondazione artificiale.

Da tutto questo si capisce facilmente non solo perché il Magistero è regola prossima della Fede, ma anche perché non può mai essere oscurato. Ricordo che mentre la Chiesa potrebbe proibire, per particolari e gravi motivi, la lettura della Scrittura (in qualche periodo l’ha fatto, anche se riguardò prevalentemente la traduzione in volgare della Bibbia), non può mai impedire la lettura del catechismo. Senza il Magistero non si può conoscere la Tradizione e la Tradizione resa viva per ogni determinato tempo.

Corrado Gnerre

Significato e ruolo della Tradizione nella Chiesa

 niziamo questa riflessione su un tema centrale per la nostra Fede e il tema della Tradizione della Chiesa.

Noi ci riconosciamo in questa Tradizione – è un’esigenza dell’essere cattolici –, la amiamo, la vogliamo servire. Ecco l’amore alla Liturgia antica, a questa vita ininterrotta della Chiesa che promana da Gesù e ci raggiunge oggi in una continuità ininterrotta, in uno sviluppo ma conservando sempre quella identità originaria, altrimenti non sarebbe più se stessa, la nostra Fede non sarebbe più la Fede della Chiesa.

Dunque vorrei riflettere e soprattutto aiutare il lettore a meditare su questo punto: il tema della Tradizione, oggi molto dibattuto e un tema che è un po’ un condimento di tutte le salse, ma tanti ne parlano e non sanno che cosa sia. E forse dobbiamo capirlo bene noi che vogliamo essere fedeli servitori di questa Tradizione.

La Tradizione è l’essere stesso della Chiesa

1) Allora il primo punto di questa riflessione. Che cos’è la Tradizione? Tradizione, lo sappiamo, lo indica già la parola, segnifica “tradere”, trasmettere, consegnare. È un consegnare nel tempo una Verità, la Divina Rivelazione, che non è semplicemente una nozione, ma una verità che è unità tra aspetto dottrinale e aspetto morale; questa verità è un incontro tra verità creduta e verità vissuta, ortodossia e ortoprassi. Dall’insieme di questa ortodossia e ortoprassi, verità creduta e verità vissuta, si genera appunto una trasmissione, una verità che poi non è in effetti un libro, non è un contenuto che possiamo trovare in qualche parte, questa verità è una persona, questa verità è Gesù Cristo. La Tradizione è la trasmissione nel tempo agli uomini di ogni tempo di questa verità, che ha un Volto, questa verità che ha un Cuore, questa verità è una Persona, Gesù Cristo.

Dunque Tradizione significa fondamentalmente due cose: ricevere questa verità e poi consegnarla. Nessuno potrebbe annunciare quello che non consosce, quello che non ha ricevuto, come dice san Paolo (cf. Rm 10,14-17). In effetti, tanti non credono perché non hanno ancora ascoltato l’annuncio del Vangelo. Come si potrebbe credere senza aver ascoltato l’annuncio di Gesù Cristo? E come si potrebbe predicare senza essere stati mandati? La verità da tramandare presuppone unaricezione che consiste in una chiamata di Dio e in una consegna che Dio in Cristo fa alla Chiesa. Tradizione è proprio questa consegna, quasi come la consegna di un testimone, ma questo testimone, ripetiamolo, non è una semplice cosa: la Tradizione non è una cosa, non è un monumento, non è una tradizione familiare, un modo di pensare, un modo di comportarsi semplicemente. Tradizione è l’atto con il quale Dio, il Padre consegna Cristo, il suo Figlio e Cristo chiama e consegna se stesso agli Apostoli, e gli Apostoli chiameranno e consegneranno Cristo ai loro successori e così in modo innterrotto fino ai nostri tempi, fino ai nostri giorni.

La consegna richiede poi necessariamente un deposito, una custodia di questa verità e quindi dalla custodia, dal conservare fedelmente si origina la trasmissione. Perciò Tradizione implica sempre questi due aspetti: ricevere e custodire come deposito e trasmettere o tramandare. Non ci sarebbe trasmissione senza l’aver ricevuto e l’aver ricevuto implica necessariamente sempre una trasmissione.

Ascoltiamo quello che dice san Paolo (cf. 1Cor. 15,12-24): «Vi proclamo fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati se lo mantenete come ve l’ho annunciato, a meno che non abbiate creduto invano». E quindi dal v. 3 – quello che a noi interessa – «A voi ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto, è risorto il terzo giorno secondo le Scritture, apparve a Cefa e quindi ai Dodici». Molto probabilmente questa è una formula liturgica, che è già entrata nella Professione di Fede ed è preghiera della Chiesa. Questo modo di trasmettere quello che ha ricevuto è quello che fa proprio la Liturgia e che ormai già al tempo di questa Lettera è lex orandi perché lex credendi. E così la Chiesa trasmette quello che crede, lo trasmette attraverso una preghiera costante che alimenta questa Fede e la Fede dà senso, dà l’orientamento alla preghiera.

Possiamo sintetizzare il tutto così: la Tradizione, che implica i due aspetti dell’accipere e del tradere, è la vita stessa della Chiesa, è l’essere stesso della Chiesa.

Una Chiesa che non vive in questa Tradizione è una Chiesa che non è più se stessa, che ha perso la sua identità perché in tanto posso consegnare una verità, in tanto posso annunciare la verità, in quanto rimango in quella verità che ho ricevuto, in quanto dono quella verità che Cristo ha consegnato alla Chiesa in una trasmissione ininterrotta. Se noi oggi possiamo credere che Gesù Cristo è risorto di morti e ci ha liberato dai peccati è perché la nostra Fede rimane viva in una trasmissione vivente e ininterrotta che è la Chiesa, in ragione di una continuità trasmissoria sempre viva ma sempre identica a se stessa.

La Chiesa trasmette quello che ha ricevuto e non può che trasmettere solo quello che ha ricevuto. Nessuno nella Chiesa è autorizzato a inventare cose nuove, cose che non siamo organicamente e potremmo anche dire in modo embrionale, in un certo senso, unite a questa verità, a questa originaria verità che la Chiesa ha ricevuto da Cristo. Noi Chiesa, noi battezzati possiamo donare, possiamo annunciare Gesù Cristo, possiamo vivere nella Fede di Cristo nella misura in cui rimaniamo in questa dimensione del dono: del dare ciò che si ha ricevuto. Questo che cosa implica praticamente? Implica che la Tradizione non può essere tante tradizioni della Chiesa. La Tradizione non può essere tanti modi di pensare, di vivere, di fare. Se succede questo significa che non c’è la Tradizione ma una sua idea che non è quella giusta.

Gli errori del tradizionalismo

Il tradizionalismo, in genere, soffre di una malattia molto profonda: quella del personalismo della e nella Tradizione. Lo sappiamo, la Tradizione ha tanti gruppi che vivono questa Tradizione, ma questi gruppi molto spesso non s’incontrano tra loro, hanno delle divergenze, ci sono dei diverbi, perché ognuno dice che la Tradizione è questo, ognuno dice che la Tradizione dev’essere quell’altro. Ognuno pensa che la Tradizione dev’essere concepita secondo una determinata categoria. Ma questa non è Tradizione. Se la Tradizione ci divide significa che non abbiamo ricevuto tutti la medesima verità che dobbiamo tramettere; significa che abbiamo scambiato il concetto teologico di Tradizione con un concetto più politico.

Un grande problema che vive oggi la Tradizione è questo: scambiare l’originario e autentico contenuto di Tradizione che è quello dottrinale e liturgico con un concetto piuttosto politico, con un concetto piuttosto umano di Tradizione. E quando si fa strada un concetto piuttosto umano di Tradizione è chiaro che la Tradizione diventa quasi un rimanere fedeli alla propria origine, all’origine familiare. La Tradizione diventa un rimanere fedeli ad una linea di pensiero che mi ha portato nella Tradizione. La Tradizione diventa un rimanere fedeli ad un certo tipo di Chiesa che vorrei, una Chiesa che magari non c’è più e la rimpiango, una Chiesa dei miei sogni. E Tradizione diventa il modo per rimanere legati a quella Chiesa: anche qui si tratta di archeologismo.

Ma Tradizione non è né rimanere ancorati in modo congelato, per così dire, ad un passato che non c’è più, né guardare solo al futuro e dimenticare tutto quello che c’è alle nostre spalle. Questi sono due eccessi che non fanno del bene al concetto di Tradizione, sono due eccessi che nascondono molto spesso un discorso, una visione piuttosto umana di Tradizione, una visione anche politica nel senso etimologico di questa parola e non nel senso di partiti o di distinzioni di partiti. Ritorna perciò la domanda: quando vivo nella vera Tradizione della Chiesa?

Ripetiamolo ancora una volta: non si tratta di trasmettere noi stessi, i nostri particolarismi, i nostri individualismi, ma siamo chiamati a essere umili servitori di una verità che non abbiamo trovato noi – è la Verità che ha incontrato noi –, non l’ha trovata il Papa, né il vescovo, ma questa verità viene dall’Alto. Questa verità ci precede, precede la stessa Chiesa; questa verità viene da Dio, il quale nella sua bontà si cala su di noi e dona un messaggio, ci dona il Vangelo, un annuncio di salvezza. E nella misura in cui rimaniamo fedeli a quell’unico Vangelo, riceviamo, nella fedeltà alla Chiesa, quest’unico Vangelo, siamo perciò nella Tradizione e dunque viviamo secondo la Tradizione.

Allora capiamo bene che dobbiamo trovare necessariamente un punto d’incontro tra i vari gruppi che si ispirano alla Tradizione della Chiesa; non che tutti i gruppi devono essere omogenei e uguali, ma che tutti devono trovare un punto di contatto: l’umiltà e la verità teologica da cui origina il retto concetto di Traditio.

Identità e progresso

Illuminiamo un altro aspetto che potremmo raccogliere in due momenti: identità e progresso della Tradizione. Questi sono due volti, due aspetti che costituiscono l’unica Tradizione e sono radicati proprio nell’essere della Tradizione: un ricevere e un consegnare. Il ricevere richiede l’identità perché ciò che Cristo dà alla Chiesa non può che essere se stesso, non può cambiare, non può essere un’altra cosa. Se diventa un’altra cosa, quell’altra cosa non è ciò che abbiamo ricevuto da Cristo: è una cosa nostra, è cosa fatta da noi, ma non è la Tradizione. Dunque, noi riceviamo da Cristo la verità, Lui stesso, attraverso la Chiesa che la custodisce – questo implica identità – ma questa verità ricevuta deve essere anche necessariamente annunciata, trasmessa. E la Chiesa con la sua vita, con la sua identità di Corpo di Cristo la trasmette nel tempo.

Quest’atto di trasmissione implica sviluppo, implica evoluzione, non evoluzionismo, ma evoluzione; implica un progresso omogeneo nella identità. Quindi identità e sviluppo. Cosa significa in modo più concreto questo binomio? Lo mettono in evidenza i Padri della Chiesa: sant’Ireneo di Lione, il primo grande Padre apostolico, nella sua opera Adversus haereses, san Vincenzo di Lerin nel suo Commonitorium, una grande opera nella quale illustra il concetto di Tradizione. Tradizione è ciò che è creduto «da tutti, dovunque e da sempre» ma questo «da tutti, dovunque e da sempre» implica necessariamente uno sviluppo omogeneo. Per fare un semplice esempio: riferiamoci all’Immacolata Concezione di Maria. Immacolata Concezione è un dogma di fede che non è scritto così come noi lo crediamo nella Bibbia. Nella Bibbia non troviamo: la Madonna è Immacolata Concezione. Chi ci dice che la Madonna è Immacolata, senza alcuna macchia di peccato? La Rivelazione. Questa verità viene dall’unica Rivelazione di Dio ma la Chiesa l’ha capita, e l’ha creduta progressivamente nel solco della storia, nel solco del Cristianesimo, soprattutto approfondendo il dato consegnato dalla Tradizione: cioè la trasmissione della Parola di Dio scritta accanto alla stessa vita della Chiesa, accanto all’identità della Chiesa, sposa immacolata del Verbo.

Lex orandi e lex credendi

Tradizione non significa solo identità, non significa fissismo, e magari rimanere immobili su un determinato secolo o su un determinato Papa o su un determinato Magistero. Se così fosse non avremmo la Chiesa con la sua vita, che è trasmissione della Fede. È la vita della Chiesa che trasmette la Fede. Abbiamo una Fede sempre identica ma che progredisce, che avanza, che si sviluppa grazie alla Chiesa che crede e che prega; che crede per pregare – dice sant’Agostino – e prega quello che crede. Questo binomio tra lex credendi e lex orandi è fondamentalissimo, è un binomio vitale. La Chiesa crede per pregare e nella misura in cui prega trasmette la Fede creduta. Così fa la Chiesa, così dobbiamo fare noi che vogliamo credere. Non quello che ci piace, non quello che ci fa più comodo ma dobbiamo credere quello che crede la Chiesa e dunque se crediamo quello che crede la Chiesa preghiamo con la Chiesa, preghiamo nella Chiesa, preghiamo secondo quella lex che è la vita stessa della Chiesa, quella lex orandi che si sviluppa, che conosce un progresso perché è la stessa Fede che si approfondisce, è la stessa Fede che matura, ma che non cambia, non diventa un’altra cosa, ma che progredisce in un processo costante verso un fine, questo fine è la parusia, la venuta finale di Cristo.

Gli errori del progressismo

Allora nella Tradizione dobbiamo evitare due eccessi: un fissismo, che in effetti è un concentrarsi solo sull’identità senza pensare a un progresso organico, e dobbiamo evitare anche l’altro eccesso, pericolosissimo anch’esso, e cioè un’evoluzione che non tiene conto dell’identità, un’evoluzione che stravolge il dato di Fede e che diventa un’altra cosa, non più la Fede della Chiesa ma un’altro modo di credere. Evidentemente qui non si ha più un unico ceppo, non è un ramo dell’unico tronco ma è un ramo di un altro albero.

Anche questo eccesso è da evitare, cioè quel vedere la Tradizione solo in un dato inizio della Chiesa, in un dato momento storico. Così quando inizierebbe la Chiesa? Per molti la Chiesa si è congelata al 1962. Per tanti altri inizia con il Vaticano II. C’è un punto zero della storia che mette fine ad una vita della Chiesa, ad una identità della Chiesa e ne augura uno nuovo. Questa è la visione programmatica della Scuola bolognese che fa capo ad Alberigo e ai suoi discepoli. A questa Scuola si collegano diversi nella Chiesa anche attualmente, vedendo il Vaticano II come la fine di una stagione ecclesiale e il principio di una nuova. Finisce una Chiesa e ne inizia un’altra, inizia un’altra Chiesa. Questo, però, se fosse vero, significa che la Chiesa è fatta da noi, la Chiesa è frutto delle nostre mani, che Gesù Cristo non è più Colui che ci dona la Fede ma che questa Fede l’abbiamo trovata noi, e dunque la Fede è un prodotto nostro: noi facciamo la Fede.

Infatti in Germania nasce, dopo il Concilio, il movimento Noi siamo la Chiesa, la Chiesa siamo noi. E questo è logico in una visione in cui la Chiesa finisce in un determinato anno e inizia in quello stesso anno in modo nuovo, in modo diverso.

Allora, ecco, Tradizione, secondo quell’adagio latino molto importante, dev’essere letta sempre eodem sensu eademque sententia: “secondo lo stesso senso e lo stesso giudizio”. Tradizione implica progresso, sviluppo, ma sempre secondo lo stesso senso di quella verità che si trasmette. Si può interpretare, si può approfondire, ma sempre secondo la stessa interpretazione di quella verità: quella verità non può diventare un’altra verità. La Chiesa non può diventare un’altra Chiesa.

Il canone della Tradizione

Arriviamo così all’ultimo punto e ci avviamo verso la conclusione. La Chiesa è il canone della Tradizione. La Tradizione non supera la Chiesa, non la mette da parte; nello stesso tempo la Chiesa custodisce e trasmette la Tradizione, che è il suo stesso vivere. Le due dimensioni si implicano vicendevolmente. Non c’è l’una senza l’altra. Perciò, chi vuole vivere secondo la Tradizione, chi vuole vivere secondo la misura alta della Tradizione, deve vivere nella Chiesa e la Tradizione deve vivere nella Chiesa. Questi deve essere in comunione con la Chiesa, con i pastori della Chiesa.

La Chiesa poi non è un principio di solidarietà sociale ma è una “comunione gerarchica”. Gerarchia non significa monarchia secondo la sua declinazione storica che noi conosciamo, ma significa “origine sacra”: significa ad esempio che il primato di Pietro viene da Cristo, ha una sua origine in Cristo. E Pietro non avrebbe senso senza Cristo e Cristo si rende presente in Pietro. Così anche nella successione episcopale. Successione episcopale non significa avere un incarico più importante della Chiesa: significa invece ricevere ed essere capace di trasmettere Cristo perché si è legati storicamente e sacramentalmente a Cristo attraverso gli Apostoli, attraverso il sacramento dell’Ordine, unica garanzia della continuità della Chiesa nella sua identità e nel suo sviluppo perché stabilisce un legame ontologico o embrionale, tra Cristo gli Apostoli e i loro successori. Questo è il legame storico, salvifico e sacramentale della gerarchia. Legame che fa sì che la Chiesa sia sempre identica, pur nello sviluppo, pur nella trasmissione di se stessa. Allora non c’è Chiesa senza Tradizione, ma non c’è Tradizione senza Chiesa. Le due realtà dobbiamo tenerle sempre insieme e vivere la Tradizione nella Chiesa.

Se pertanto riflettiamo sull’aspetto dottrinale della Tradizione, sul suo aspetto teologico, allora possiamo anche trovare tra noi una comunione, possiamo veramente coordinarci tra noi perché altrimenti risulterà sempre difficile coordinare più gruppi, coordinare più teste, in definitiva, coordinare più identità nell’unica Tradizione. Queste varie identità devono comunque riconoscersi nell’unica identità che è l’identità della Chiesa. E nella misura in cui siamo in questa identità possiamo anche riconoscerci, sebbene diversi.

Lo sappiamo bene: la Chiesa in sé non è unita, lo vediamo. A noi deve stare a cuore questo: vivere ed operare perché la Chiesa sia unita – la Chiesa rimane tuttavia sempre una, sempre santa, sempre cattolica e sempre apostolica –, perché diventi unita nei suoi membri e dunque perché gli altri uomini che ancora non conoscono Gesù Cristo e il Vangelo possano trovare in quest’unica Chiesa la salvezza. La Tradizione è impegno per l’unità della Chiesa nei suoi figli divisi. Bisogna ritrovare il vero concetto di Traditio e perciò la vera misura della nostra unità nell’identità e nello sviluppo della santa Fede cattolica.

 

Concetti-chiave

  • La Chiesa vive della Tradizione e nellacon la Tradizione esprime se stessa. La Tradizione è l’atto del “tradere” del trasmettere, del consegnare. È una realtà dinamica. La Chiesa è innestata in questo mistero: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv. 20,21). C’è una continuità della missio: dal Padre a Cristo, da Cristo ai 12 Apostoli e un’identità sacramentale del Cristo e dei suoi: «Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me» (Lc. 10,16).

Cristo consegna agli uomini il suo Vangelo (orale) di salvezza, fino a consegnare se stesso sull’Altare della Croce. Tutto ciò che Cristo disse e fece, il suo Vangelo consegnato dalla sua bocca, la Chiesa lo riceve e lo trasmette. La Chiesa è depositaria del Vangelo, lo custodisce e lo ritrasmette fino ai confini del mondo e fino alla fine dei tempi. Anche quando il Vangelo, nella seconda metà degli anni ‘50 viene messo per iscritto, l’annuncio della trasmissione orale, il tramandare di bocca in bocca, di cuore in cuore, rimane sempre il metodo indispensabile dell’annuncio. Infatti, «la fede dipende dalla predicazione e la predicazione si attua per la parola di Cristo» (Rm. 10,17).

  • Dirà san Paolo ai Corinzi, mettendo in luce una chiara accezione eucaristica della Tradizione: «Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”» (1Cor.11,23-24).
  • Tradizione sia nella sua accezione greca del “paradìdomi”, sia in quella latina del “tradere”, indica a un tempo l’atto del trasmettere e la cosa trasmessa: l’“actus tradendi” e l’“obiectum traditum” (materiale e formale).
  • Purtroppo il concetto di “Traditio”, è divenuto oggi fortemente equivoco. La ragione fondamentale consiste nell’aver scambiato tale concetto teologico con un concetto politico. Quando nasce la diatriba attorno al tradizionalismo e ai tradizionalisti, fautori di un passivo ritorno al passato? In Concilio e soprattutto nel post-concilio. La destra e la sinistra hegeliane oggi, mentre a livello politico sembrano non dipingere più due schieramenti diametralmente opposti, si ritrovano con nuovi panni nella Chiesa, tra i progressisti da un lato e i tradizionalisti dall’altro.
  • La Tradizione non è una nostalgia del passato, né un mero andare indietro nel tempo, ma un rimanere stabili nella verità di Cristo. Se la Chiesa smarrisce la sua Tradizione smarrisce se stessa. Se oggi la Chiesa ha per molti versi smarrito se stessa, se ha in una certa misura perso la sua indentità – e noi abbiamo perso la nostra identità cattolica – è perché abbiamo smarrito la Tradizione.
  • Non c’è però una Tradizione accanto alla Chiesa, oltre la Chiesa o fuori della Chiesa. La Tradizione è l’essere della Chiesa, la sua vita, la sua possibilità di essere sempre se stessa.
  • La Tradizione si è offuscata poiché purtroppo il metro della verità è divenuto il tempo. Siamo caduti nell’eresia della cronolatria. Adoriamo il tempo. Per noi è vero ciò che è attuale e non ciò che è conforme alla realtà. In realtà, il metro della verità non deve essere il tempo ma la santità: questa sola è quella giusta armonia tra il passato, il presente e il futuro. Principiando dal passato, si vive il presente, guardando al futuro.
  • I due nemici della Tradizione: l’archeologismoe il mondo (nella sua accezione di “tentacolo”).

Bisogna recuperare il canone della fede cattolica, ovvero la sua misura, la sua identità, la sua Tradizione, che in verità promana dall’eterna deità della Santa Trinità, ci raggiunge nel tempo, ci afferra per riportarci in alto, nella dimensione senza più dimensioni, in Dio.

Bibliografia

Benedetto XVI, Gli Apostoli e i primi discepoli di Cristo. Alle origini della Chiesa, LEV, Città del Vaticano 2007;

  1. Gherardini, Quod et tradidi vobis. La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa, Casa Mariana Editrice, Frigento 2010;

 Id., Quæcumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Lindau, Torino 2011;

  1. de Mattei, Apologia della Tradizione. Postscritto a Il Concilo Vaticano II. Una storia mai scritta, Lindau, Torino 2011;

Padre Serafino Maria Lanzetta