Narra il Vangelo di Giovanni: “Gesù poi aggiunse: ‘La pace sia con voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi.’ E, detto questo, soffiò su loro e disse: ‘Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti.” (20,21-23).
In questo brano evangelico è chiaro come il Signore abbia voluto istituire quel sacramento della Riconciliazione, solitamente chiamato della Confessione. La misericordia di Dio passa attraverso i suoi ministri. Gesù lo dice esplicitamente: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, e a chi li riterrete, saranno ritenuti.”
Nel Vangelo di Matteo c’è un altro passaggio importante. Gesù dice a Pietro: “E io ti dico che tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferno non prevarranno contro di essa. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che tu legherai sulla terra, sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra, sarà sciolto nei cieli.” (16,18-19)
E poi ancora il Vangelo di Matteo: “In verità vi dico che tutto ciò che voi legherete sulla terra, sarà legato anche in cielo e tutto ciò che voi scioglierete sulla terra, sarà sciolto anche in cielo.” (18,18)
Veniamo ad alcune frequenti obiezioni sul sacramento della Confessione.
Non ha senso confessarsi in quanto è possibile che colui che deve ascoltare che deve ascoltare e giudicare i peccati degli altri possa anche essere più peccatore del penitente. La risposta è semplice: l’utilità del Sacramento della Confessione è nel poter riavere la Grazia di Dio. Il resto è relativo. Preoccuparsi della salute spirituale del sacerdote che confessa è solo una giustificazione della propria pigrizia; è come dire: ho fame, ho desiderio di mangiare una pizza, ma vi rinuncio perché il cuoco della pizzeria si comporta male nella sua vita privata. E’ un ragionamento non proporzionato. La qualità della pizza non è direttamente consequenziale alla bontà d’animo del cuoco. Inoltre si può anche fare un altro ragionamento: come abbiamo visto con le citazioni evangeliche, il sacerdote ha ricevuto da Dio questo ministero. Anche il giudice, che è un uomo come tutti e come tutti può anche trasgredire le leggi e pertanto può essere condannato, pronuncia sentenze che hanno valore per il potere ricevuto dall’autorità dello Stato.
Perché non si può chiedere perdono direttamente a Dio, ma lo si deve fare attraverso il sacerdote? A questa obiezione si può rispondere facendo riferimento alle tasse. Una legge obbliga a pagare le tasse, un’altra a pagarle ogni due mesi. Se uno decidesse di pagare sì le tasse, ma di pagarle alla fine dell’anno, non sarebbe in regola. Non basta pagare le tasse (purtroppo), ma anche pagarle secondo le scadenze che lo Stato decide; così per il perdono dei peccati: non basta chiedere perdono a Dio, è necessario anche chiedere questo perdono nel modo come Dio ha stabilito.
E’ ingiusto ricevere il perdono di Dio malgrado una vita di continui peccati pentendosi in punto di morte. Rispondiamo raccontando un bell’aneddoto. Il potente re pagano Milinda disse ad un vecchio sacerdote cattolico che lo istruiva nella Fede: “Tu dici che l’uomo che ha compiuto tutto il male possibile per cent’anni e prima di morire chiede perdono a Dio, otterrà di rinascere in Cielo. Se invece uno compie un solo peccato e non si pente, finirà all’inferno. E’ giusto questo? Cento delitti sono più leggeri di uno?” Il vecchio sacerdote rispose al re: “Se prendo un sassolino grosso così (e indicò una piccola misura) e lo depongo sulla superficie del lago, andrà a fondo o galleggerà?”. “Andrà a fondo.” Rispose il re. “E se prendo cento grosse pietre, le metto in una barca e spingo la barca in mezzo al lago, andranno a fondo o galleggeranno?”. “Galleggeranno”. “Allora cento pietre e una barca sono più leggere di un sassolino?” Il re non sapevo come rispondere. Il vecchio sacerdote spiegò: “Così avviene degli uomini. Un uomo, anche se ha molto peccato ma si appoggia a Dio, non andrà all’inferno. Invece l’uomo che fa il male anche una volta sola, e non ricorre alla misericordia di Dio, andrà perduto.”
Corrado Gnerre