La fecondazione artificiale include le tecniche volte ad ottenere un concepimento umano in maniera diversa dall’unione sessuale.
Tra queste la più comune è la cosiddetta “FIVET” (Fertilizzazione in vitro con Embryo Transfer). Si tratta –per l’appunto- di una fecondazione in vitro dell’ovulo con successivo trasferimento dell’embrione nell’utero della donna. Allo stato attuale ha una probabilità di gravidanza del 18% dei cicli ovulatori femminili e tre quarti di queste arrivano al parto.
La fecondazione in vitro può essere
omologa ed
eterologa. La prima è quando i due gameti sono all’interno della coppia, la seconda è quando vi è un donatore esterno.
In Italia, fino all’avvento della legge 40 del 2004 la prassi era di effettuare numerose fecondazioni in vitro producendo un certo numero di embrioni. Questi, prima di essere impiantati, potevano essere sottoposti alla “diagnosi reimpianto” con la quale si analizzava il corredo genetico per escludere che vi fossero anomalie che avrebbero comportato malformazioni o malattie genetiche. In tal caso gli embrioni malati venivano scartati per impiantare solo quelli sani. Al primo tentativo si impiantavano 3 embrioni. Se la gravidanza attecchiva, gli altri embrioni prodotti venivano congelati, molti dei quali destinati a non essere impiantati.
La legge 40/04 ha cercato di mettere ordine stabilendo che nell’ambito di un ciclo di fecondazione artificiale devono essere prodotti un numero di embrioni non superiore a quelli da impiantare (comunque non più di 3). Inoltre tale legge ha vietato tanto la fecondazione
eterologaquanto la diagnosi preimpianto (vera e propria eugenetica).
Recentemente, dopo una sentenza della Corte Costituzionale, la legge 40/04 è stata
bypassataammettendo la possibilità dell’
eterologa, “vincolata” (le virgolette sono doverose) ad alcune linee-guida stabilite dalle singole Regioni.
In realtà la logica c’è. Il problema è proprio nella Legge 40/04 che, per quanto rappresenti una sorta di limitazione e un tentativo per evitare una totale
deregulation, legittima ciò che non è legittimabile, ovvero la possibilità di generare artificialmente la vita. Ammesso questo principio, che può essere solo fondato su un presunto “diritto al figlio”, va da sé che tale diritto deve essere riconosciuto a chiunque; tra non molto anche alle coppie omosessuali. Infatti, qualora si volesse utilizzare un argomento vero, secondo cui tali coppie non possono avere figli in quanto il loro convivere è del tutto innaturale e non assimilabile al concetto di famiglia, si entrerebbe palesemente in contraddizione appellandosi ad un dato di natura dopo che la stessa natura è stata fatta fuori legittimando la procreazione assistita (Legge 40/04) anche se solo
omologa.
Detto questo, vediamo perché la fecondazione assistita, sia essa
omologa che
eterologa, è contro la Legge Naturale. Schematizziamo per facilitare la comprensione e la memorizzazione degli argomenti:
- La nascita della vita è un mistero. Non a caso il padre e la madre non devono essere definiti “creatori” ma “procreatori” dei propri figli. Il dare la vita, infatti, non è un gesto automatico per cui, una volta eseguito, si ottengono inevitabilmente dei risultati. Quanti coniugi vorrebbero avere dei figli, e non li hanno; e quanti genitori vorrebbero avere dei figli sani, e purtroppo non sempre sono sani.
- Spesso si dice: ho fatto un figlio, due figli, tre figli … Sbagliato. I genitori non “fanno”, bensì “ricevono” i figli. Tant’è che nel sacramento del matrimonio si dice di “accettare” (non di “fare”!) tutti i figli che Dio vorrà donare alla coppia.
- Qualcuno obietta: la sterilità è una malattia e come per tutte le malattie bisogna fare ogni possibile sforzo per poterla curare; così come per risolvere determinate malattie si possono utilizzare tecniche artificiali (per esempio la dialisi per chi non ha reni funzionanti), anche per la sterilità non è scandaloso utilizzare qualsiasi tipo di tecnica. La risposta a tale obiezione è facile. Definire la sterilità come una malattia è fuorviante, perché lascerebbe intendere che esiste sempre è comunque un “diritto al figlio”. E invece così non è. I genitori sono chiamati aservire e non a servirsi della vita per eventualmente soddisfare un proprio bisogno. Il genitore serve non si serve del figlio.
- Dunque, un conto è risolvere tecnicamente patologie, altro è risolvere la sterilità andando a sostituire l’atto coniugale. Nel caso della vita, l’uomo si trova dinanzi ad un mistero in cui la medicina può aiutare il corso naturale ma non sostituirlo. Se infatti si ammettesse nel concepimento umano la completa sostituzione del corso naturale, non ci sarebbero più motivi vincolanti per escludere altre forme di riproduzione umana, come –per esempio- il figlio “firmato” con occhi e tratti somatici decisi dai genitori, o finanche la clonazione. Eventuali “paletti” successivi non avrebbero senso, una volta ammesso il principio che è il genitore a dover decidere e quindi a poter “pilotare” la nascita della vita.
- Va considerato, inoltre, l’altissimo numero di embrioni che inevitabilmente viene sacrificato con le tecniche di fecondazione artificiale. L’embrione è già un soggetto di diritti, è persona umana a tutti gli effetti.
- Ovviamente per quanto riguarda la fecondazione assistita eterologa la situazione si aggrava. Si genera volutamente un bambino che sarà figlio di uno sconosciuto o, qualora si trattasse di maternità surrogata, di una sconosciuta. Qualcuno è portato ad obiettare: ma anche nell’adozione il figlio è “figlio biologico” di sconosciuti. Vero, ma c’è un’enorme differenza. L’adozione va a sanare un questione che è in atto (bambini che esistono e sono senza genitori), nel caso dell’eterologa, o della maternità surrogata, si genera volutamente un figlio biologico di un genitore sconosciuto.
Corrado Gnerre