Fonte: www.riscossacristiana.it
Autore: Alessandro Gnocchi
Sarebbe interessante sapere se, nella topografia pastorale bergogliana, siano da considerare periferie esistenziali anche quelle curie e quei seminari popolati da sacerdoti di ogni ordine e grado che corrompono minori, concupiscono giovani preti, aitanti segretari e se li godono nelle loro alcove. Se siano da considerare periferie esistenziali anche quelle diocesi e quelle parrocchie dove gerarchi, gerarchetti e fantaccini di santa romana chiesa stuprano bambine, ragazzine, donne adulte e le costringono abortire nel caso di malaugurate gravidanze. Se siano da considerare periferie esistenziali anche quelle sacre congregazioni e quei corsi di esercizi spirituali frequentati da uomini di Dio che si tengono su a rosari di piste di coca purissima e, invece di recitare il breviario, a mattutino, lodi e compieta sfogliano teneramente “Vogue”, edizione “US”, of course.
Se anche queste fossero periferie, bisognerebbe riconoscere che vi regna una sorprendente organizzazione razionale. Strade linde e ben curate, niente scippi, nemmeno un barbone che pisci sulle palizzate verniciate di fresco, figuriamoci un cane selvaggio che ringhi contro l’Ordine Costituito. Periferie modello, insomma, che non prevedono il clamore e sono dotate di collaudati protocolli per l’immediato insabbiamento dei casi scabrosi. Periferie così poco periferie da essere collegate lungo veloci corsie preferenziali con il Centro dei Centri in cui gli scandali vengono coperti e si dissolvono, a patto di essere nelle grazie del Vicario. Vicario di se stesso, pare di capire dai più recenti fiotti di Magistero Ordinario.
In un paesaggio urbano così perfetto, disegnato da un Architetto così sapiente, edificato da Muratori così abili e popolato da Fratelli così addestrati non c’è macigno buttato sulla piazza che faccia tremare i Sacri Palazzi. Sarà così, temo, anche per le rivelazioni di monsignor Viganò su Theodor Edgar McCarrik, a suo tempo cardinale, arcivescovo e predatore seriale di giovani virgulti nella periferia esistenziale di Washington. Sarà così, temo, perché il meccanismo della perversione clericale e delle sue coperture venuto alla ribalta del grande pubblico in queste settimane non è un’invenzione attribuibile per comodità e pigrizia mentale solo a Bergoglio e alla sua cricca.
C’è del marcio a Roma, dove vizio e omertà danzano insieme da tempo immemore, intra ed extra muros, da lungo tempo in un balletto osceno. Bisogna farsene una ragione e avere il coraggio di tenere gli occhi aperti. È comprensibile lo sconcerto di chi apprende che la mamma pratica un brutto mestiere, ma non è giustificabile la stupida ostinazione di chi pensa che abbia cominciato a farlo solo in vecchiaia. C’è del marcio a Roma, ce n’è troppo, da troppo tempo e ormai si manifesta senza più alcun pudore in eventi eclatanti di portata planetaria che impongono di trovarne le cause vere e profonde. Se mai ve ne fosse stato uno in cui era concesso farlo, questo non è più il tempo di stupirsi. È patetico nascondersi dietro l’ombra silente di Benedetto XVI, che deve ancora spiegare al popolo bue, ma pur sempre di Dio, le vere ragioni per cui si è dimesso. E forse è ancora più patetico rifugiarsi negli ultimi istanti che precedettero il Concilio Vaticano II, come in un ridotto della Valtellina in versione clericalreazionaria. È venuto il momento di mostrare un po’ di coraggio e di lucidità, almeno per chi pratica un mestiere vecchio quasi quanto quello della mamma.
Avevo cominciato a lavorare su queste considerazioni ai tempi dell’omicidio di Alfie Evans, perpetrato con il plateale consenso di una buona metà della chiesa cattolica e con il ruffiano finto recalcitrare di un’altra buona metà. Il sacrificio rituale del bambino di Liverpool ha segnato un punto di non ritorno che non può cadere nell’oblìo di un mondo cattolico plasmato a immagine e somiglianza dei massmedia e già pronto a divorare altri eventi.
Ho scavato, ho posto domande e poi ho messo insieme i pezzi che mano a mano venivano alla luce. Filo dopo filo, tessera dopo tessera, contatto dopo contatto, ragionamento dopo ragionamento, il lavoro mi ha condotto proprio dove doveva condurmi: nel cuore di una chiesa invertita, al cospetto di quel meccanismo che ha permesso, tollerato e coperto per anni e annorum le decine di casi McCarrick di cui tutti sapevano tutto o quasi tutto. Le fonti sono citate usando lettere puntate che non corrispondo ai nomi veri e sono descritte in modo da renderle irriconoscibili. Hanno detto molto più di quanto sto per raccontarvi ora e non posso giocarmi, se necessario, la possibilità di una seconda tornata che scenda un girone più in basso nella ricostruzione di questo Romanzo Infernale.
IL FIUME DI FUOCO SOTTO I NOSTRI PIEDI Tutto comincia in un eremo oltre il confine italiano sabato 21 aprile, sette giorni prima della morte di Alfie. È tardo pomeriggio e sta imbrunendo. Dopo avermi benedetto con l’olio di nardo, padre A. mi chiede di sedermi ancora un momento, prima di tornare verso valle. “Quando sono venuto quassù” dice “il mio padre spirituale mi ha messo in guardia contro una delle prove più dure che deve affrontare un eremita, specialmente di questi tempi: anche se noi pensiamo di essere soli, sotto ogni eremo scorre un fiume che porta con sé tutto quanto si trova nella chiesa, tutto il bene e tutto il male”. Guardo istintivamente il pavimento sotto i miei piedi, un gesto che non ho mai fatto dentro un eremo, dove è normale mettere lo sguardo verso l’alto, e rabbrividisco. “Questi sono tempi in cui il fiume è impetuoso e infernale” continua padre A. “è in piena e continua a salire, non si ferma mai. Negli eremi si patisce il male che sta soffocando la chiesa. Se vuoi sapere perché tutto questo sta avvenendo, devi trovare un esorcista. Sono pochi quelli buoni, però qualcuno c’è ancora. Lui ti potrà dire meglio di me cosa significhi provare sulla propria pelle l’agonia della chiesa. L’esorcista è quello che più di tutti si trova nel fiume di fuoco tentando di andare contro la corrente”.
Abbiamo parlato tutto il pomeriggio, e chissà per quanti altre volte nel corso di questi anni, dell’agonia della chiesa e delle ragioni per cui ci troviamo davanti a questa prova. Non so se ora padre A. percepisca qualcosa di terribilmente inedito, ma la confidenza sul fiume infernale che scorre sotto ogni eremo e l’invito a chiedere informazioni a un esorcista non possono lasciare quieti.
Di solito, quando torno a casa dopo essere stato quassù, le luci della strada e della città mi infastidiscono. Ora, in qualche modo, mi confortano e la cosa non mi piace. Signore Gesù Cristo Figlio di Dio abbi pietà di me peccatore, Signore Gesù Cristo Figlio di Dio abbi pietà di me peccatore…
NIENTE FEDE, NIENTE ESORCISMI Conosco due esorcisti di cui mi fido. Per la verità si tratta di due ex esorcisti perché a entrambi è stato revocato l’incarico, tutto sommato una garanzia. Quello più facile da raggiungere è un sacerdote diocesano, don B. Facile da raggiungere esclusivamente per la distanza, perché risponde al telefono solo quando è sicuro dell’identità di chi lo chiama e, una volta stabilito il contatto, bisogna mettersi in fila con i fedeli che chiedono benedizioni speciali e preghiere di guarigione.
Lo incontro martedì 2 maggio. Alfie Evans è morto quattro giorni prima in mondovisione mentre don B. non faceva altro che pregare. “Sarebbe sbagliato dire che chi ha pregato lo ha fatto inutilmente. La preghiera non è mai inutile, ma quel bambino è stato sacrificato comunque. Dobbiamo chiederci che cosa vuol dire tutto questo. Quanta fede abbiamo?”.
Quanta fede abbiamo, se il Signore non ci ascolta? Questa, in definitiva, è la domanda per cui sono qui, anche se è più circostanziata e articolata. Padre A. dice che solo un esorcista può rendere l’idea di quanto sia terribile ciò che sta accadendo perché lo prova sulla sua pelle… “La pelle dell’anima, la pelle dello spirito e anche quella del corpo” dice don B., che sa bene cosa intendesse dire l’eremita. “Oggi gli esorcismi hanno pochissima efficacia, la maggior parte non ne ha nessuna, perché la chiesa non ha più fede. Intendo la fede vera, nel Dio Uno e Trino rivelato da Gesù Cristo, perché si può avere fede in qualsiasi cosa. Non mi riferisco ai singoli membri, ma il corpo nel suo insieme. Non farmi parlare di Corpo Mistico, perché andremmo troppo lontano. Quello che voglio dire è che ormai il tumore ha messo metastasi ovunque e le poche cellule ancora sane sono isolate una dall’altra. Accontentati. Questo voleva che ti dicessi padre A. e non c’è nessuno che possa dirlo con lo stesso dolore cosciente di un esorcista che combatte senza armi contro Satana. Hanno mutato il rituale ed è stato un colpo tremendo all’opera degli esorcisti. Ma, più ancora, è letale la sistematica incredulità nell’esistenza del diavolo che può dipendere solo dalla mancanza di fede nel Dio Uno Trino, e questo riguarda l’intera chiesa. Senza fede della chiesa, nessuno può liberare una creatura dal demonio, si combatte una battaglia in cui si soccombe davanti al nemico. Questo è quanto prova sulla propria pelle un esorcista che voglia fare il proprio dovere. Dolore fisico e spirituale per la prova in sè e per l’impotenza davanti alla sofferenza spirituale e fisica di chi è posseduto dal demonio. L’esorcismo è un sacramentale ed è efficace in virtù della santità del sacerdote, della fede della persona per la quale si compie e della fede di tutta la chiesa. Chiesa debole e senza fede, esorcismi deboli e senza efficacia. Ti basta?”.
Mi basta e non mi basta. Voglio fatti e date. Non che siano segreti custoditi in un forziere segreto, ma sono venuto fin qui perché don B. li ripeta ancora una volta. A don B. piace interrogare: “Qual è il testo della Sacra Scrittura con il più potente esorcismo?”. Il Prologo del Vangelo di San Giovanni. “Quale passo in particolare?”. “In propria venit, et sui eum non receperunt. Quotquot autem receperunt eum, dedit eis potestatem filios Dei fieri; his qui credunt in nomine eius, qui non ex sanguinibus, neque ex voluntate carnis, neque ex voluntate viri, sed ex Deo nati sunt”. “Quando è stato promulgato il primo rito di esorcismo per la chiesa universale?”. Non lo so. “1614. E cosa mi dici del Prologo di San Giovanni?”. Che è sempre stato usato. “Non a caso, Leone XIII, quando ha inserito l’esorcismo nella Messa, e non fuori dalla Messa come dicono in troppi, lo ha collocato proprio dopo il Prologo. Il decreto del papa entrò in vigore nel 1886, dopo che, due anni prima, ebbe la visione dell’opera di Satana sulla chiesa”.
A questo punto don B. si ferma perché sa cosa si deve dire e, per dovere di ospitalità, lascia che abbia il piacere di farlo io: poi tutto è stato spazzato via il 26 settembre 1964, in pieno Concilio Vaticano II, con l’istituzione Inter oecumenici. Ma, come ho già detto, sarebbe troppo facile trarre la conclusione che tutto nella chiesa funzionasse perfettamente fino alla mezzanotte del 25 settembre 1964 o fino a un minuto prima dell’apertura del Vaticano II. Don B. approva, anche se a malincuore. È meno radicale di me, ma riconosce che altro sono le mozioni degli affetti e altro le esigenze della ragione. Però questo è un tema che affronteremo un’altra volta. Prima di benedirmi, mi chiede se ho mai letto i libri di Malachi Martin, in particolare La Casa spazzata dal vento. “Ce l’hai?”. Celo, come dicevamo da bambini con le figurine.
SATANA INTRONIZZATO IN VATICANO. SOLO FICTION? Prima di don B., anche padre A. ha citato come fonte attendibile La Casa spazzata dal Vento di Malachi Martin. L’ho già letto e, a parte la fiducia nei giudizi di padre A. e don B., per prenderlo sul serio mi basterebbe il fatto che il solito bravo vaticanista, mi pare nel 2011, lo definì una fregnaccia degna del peggiore Dan Brown. Poi, nel 2013, avvenne ciò che Malachi Martin aveva previsto: le dimissioni di un papa che si era mostrato benevolo con la Messa in rito antico.
Il libro, che si trova solo in inglese con il titolo di Windswept House, è un romanzo a chiave uscito nel 1996 in cui l’autore assicura che il 95% è pura realtà. Malachi Martin, morto nel 1999, era un ex gesuita che ha conosciuto dall’interno i piani altissimi della curia romana e parecchie periferie esistenziali clerical-chic di qua e di là dall’Oceano Atlantico. Fu, tra l’altro, collaboratore del cardinale Augustin Bea, ruolo che gli diede accesso a documenti riservati, c’è chi dice anche il Terzo Segreto di Fatima. La sua produzione bibliografica è di tutto rispetto nell’ambito della saggistica, ma, evidentemente, Martin comprese che spesso è più facile dire la verità sotto forma di finzione. Tanto per fare un esempio, una decina buona di anni prima che negli Stati Uniti esplodesse lo scandalo dei preti predatori di sesso, nel suo romanzo descriveva una situazione che, nell’accurata traduzione di Francesco Colafemmina, ci appare così: “Improvvisamente divenne indiscutibile che ora durante questo papato, l’organizzazione della Chiesa Cattolica Romana portava dentro di sé una permanente presenza di chierici che praticavano il culto di Satana e lo apprezzavano; di vescovi e preti che si sodomizzavano a vicenda e sodomizzavano bambini; di suore che praticavano i ‘riti neri’ della wicca, e che vivevano in relazioni lesbiche… Ogni giorno, inclusa la domenica e i giorni santi, atti di eresia e blasfemia erano commessi e permessi ai sacri Altari da uomini che un tempo erano chiamati preti. Atti e riti sacrileghi non solo erano effettuati dinanzi i sacri Altari, ma avevano la connivenza o almeno il tacito permesso di alcuni Cardinali, arcivescovi e vescovi…”.E poi si legge ancora: “omosessualità e satanismo erano fra i virus più antichi insinuatisi nel corpo politico della Chiesa. La differenza era adesso data dal fatto che l’attività omosessuale e satanica aveva ottenuto un nuovo status all’interno di quel corpo politico”.
Ma la rivelazione più interessante del romanzo di Martin, che è una cronaca degli avvenimenti contemporanei, riguarda l’antefatto che li spiega tutti: il 29 giugno 1963, in occasione dell’elezione dell’incoronazione di Paolo VI, un gruppo di sacerdoti e alti prelati celebra nella Cappella Paolina un rituale satanico per incoronare Satana e intronizzarlo nel cuore della chiesa cattolica. Nell’impossibilità di compiere un rituale completo dentro il Palazzo Apostolico, i satanisti danno vita a due riti da officiare contemporaneamente, uno in Vaticano senza la vittima, l’altro cruento negli Stati Uniti: tecnicamente, una concelebrazione, che sarebbe stata introdotta pochi anni più tardi nel rito cattolico con la messa nuova.
Nella descrizione del complesso rituale riferita dall’autore, bisogna mettere in evidenza che viene recitata la formula di consacrazione dell’Eucaristia e viene impartitala benedizione invertita. La scelta della Cappella Paolina come sede del rituale romano si comprende pensando quanto dice il professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, per evidenziarne il ruolo di cuore del cattolicesimo: “In un certo senso, questa Cappella, più ancora della Sistina, è il luogo identitario della Chiesa cattolica e quando sull’Altare viene esposto il Santissimo Sacramento, il ruolo del Papa, custode del Corpus Christi, nella legittimità della sequela Apostolica e nella fedeltà dell’ortodossia, vi è perfettamente significato”. Non sarebbe stato possibile compiere l’intronizzazione di Satana come capo occulto della chiesa in un luogo più concretamente simbolico di questo.
Se la credibilità di Malachi Martin si giudica ex post, è onestamente difficile non prenderlo sul serio. Oltre a verificare la corrispondenza alla realtà di fatti, uomini e ambienti di cui parla nel romanzo, basterebbe leggere un suo saggio reperibile anche in italiano, edito a suo tempo da Sugarco e titolato inequivocabilmente I Gesuiti. Il potere e la segreta missione della Compagnia di Gesù nel mondo in cui la fede e la politica si incontrano. E c’è chi fa notare che la Cappella Paolina è stata riconsacrata da Benedetto XVI nel 2009, quando fu riaperta al pubblico dopo i restauri. Perché?
PORTE APERTE AL SANT’UFFIZIO C’è un amico che mi può dire se tutto questo trova conferma oggi. Non ho mai scritto una riga contro i colleghi che hanno portato alla luce gli scandali vaticani a luci rosse e polvere bianca. So che la maggior parte di loro lavora su fonti certe e, anche quando lo fa con rancore nei confronti della fede cattolica, non scrive nulla di inventato. Non ne ha bisogno. Se si vuole sapere qualcosa di certo su quanto accade dietro le mura leonine, bisogna affidarsi ai cronisti che battono il marciapiede invece che ai vaticanisti, fatte salve le eccezioni che si contano sulle dita di mezza mano, anche meno.
Il collega C. con cui parlo agli inizi di giugno lavora nella redazione romana di un giornale tutt’altro che amico, ma lui è un amico. Giusto un anno prima aveva seguito la vicenda dei festini omosessuali a base di droga celebrati dentro il palazzo dell’ex Santo Uffizio, a due passi dal colonnato del Bernini, da monsignor Luigi Capozzi, segretario del cardinale Francesco Coccopalmerio. “Vuoi che ti aiuti a smentire o vuoi che ti racconti la verità?”. C. si diverte a provocare, ma sa che cosa voglio. Mi importa sapere fino a che livello si arriva. “Vuoi sapere se il cardinale era al corrente delle attività omofestaiole del segretario? Stavano in ufficio insieme fino a notte. Non mi fraintendere, eh… Vuoi sapere che cosa è dispiaciuto a Santa Marta? Che la faccenda l’abbiamo messa sui giornali. Hanno tirato il fiato perché Capozzi era in lista per diventare vescovo e non si era ancora arrivanti al punto in cui sarebbe stato quasi impossibile tornare indietro. Vuoi un particolare interessante? L’ingresso del palazzo ex Sant’Uffizio dà su piazza Sant’Uffizio, in territorio italiano, e si entra senza alcun controllo di frontiera. Poi, una volta dentro, si passa direttamente nello stato del Vaticano, sempre senza alcun controllo. Può farlo, diciamo, quasi chiunque portando con sé quasi chiunque e tutto quanto vuole, purché non sia ingombrante. Ti lascio immaginare che cosa passa attraverso il palazzo che un tempo era quello dell’Inquisizione…”. Uno sberleffo di Satana? “Sei tu lo specialista. Sempre a proposito di quanto interessino queste vicende in alto loco, ti ricordi il casino di Nuzzi sul collegio dei chierichetti?”. Qui serve un ndr per spiegare che si tratta del preseminario San Pio X venuto alla ribalta per la testimonianza di un seminarista che parlava di abusi sessuali. “Non so se hai visto come è andata finire… I tuoi amici…” altro ndr, C. si diverte da matti a provocarmi anche con l’insulto “i tuoi amici hanno spiegato che si trattava ‘solo’ di rapporti omosessuali tra coetanei. Capito? Ribadisco ‘solo’ di rapporti omosessuali”.
EMANUELA ORLANDI E IL SEGNO DEL DRAGO Potremmo fare notte con questi argomenti, e quasi la facciamo, ma parlando di un caso aperto dal 1983, quello di Emanuela Orlandi. Quando scomparve, la sera del 22 giugno di 35 anni fa, Emanuela aveva 15 anni, era figlia di un commesso della Prefettura pontificia ed era cittadina dello Stato del Vaticano. Non se ne è saputo più nulla. Il collega C. ha qualche anno più di me e allora era un cronista con esperienza sufficiente per essere messo sulla vicenda. Ancora oggi di quella storia si parla con molta cautela per rispetto della famiglia, ma è inutile nascondersi che si fanno anche ipotesi che rientrano a pieno titolo nei temi che stiamo trattando.
So come la pensa C. e lui sa che lo voglio scrivere. Comincio citando padre Amorth. Nel libro di memorie L’ultimo esorcista, Amorth spiega che il demonio ha sempre tentato le più alte gerarchie della Chiesa e inserisce in questa cornice la scomparsa di Emanuela Orlandi: “Io penso che una ragazza di quindici anni” scrive il celebre esorcista “non sale su una macchina se non conosce bene la persona che le chiede di salire. Credo dunque che occorrerebbe indagare dentro il Vaticano e non fuori. O comunque indagare intorno alle persone che in qualche modo conoscevano Emanuela. Perché secondo me solo qualcuno che Emanuela conosce bene può averla indotta a salire su una macchina. Spesso le sette sataniche agiscono così: fanno salire su una macchina una ragazza e poi la fanno sparire”.
Poi attendo. “Cosa vuoi che ti dica. Si è parlato fin dal principio di questa pista, ma chi l’ha seguita ha sempre incontrato strane resistenze, anche minacciose. Ci siamo fermati tutti davanti a uno di quei muri che il tuo amico Bergoglio pare proprio che non voglia di buttare giù”. Ma se fosse la pista giusta, dove bisognerebbe indirizzare le ricerche? “Mi pare che Amorth abbia dato indicazioni piuttosto precise. Questa è una notizia che mi hai portato tu. Mettiamola così: il più famoso degli esorcisti dice qualcosa che somiglia molto a quanto pensano quasi tutti i giornalisti che si sono occupati del caso e a quello che ha detto un pentito di mafia, sputtanato quanto vuoi, ma che fu preso in seria considerazione da Borsellino e che non butterei nella spazzatura tanto a cuor leggero”.
Se ti riferisci a Vincenzo Calcara, è andato ben oltre, ha detto anche dove cercare il corpo di Emanula Orlandi e che, scavando lì, non si troverebbe solo il suo… “Sì, ma mi fermerei un passo prima. Se vogliamo si può aggiungere che Calcara lega al caso Orlandi monsignor Marcinkus, al quale dice di aver consegnato una partita di droga in piazza San Pietro mentre era in compagnia di un monsignore poi diventato cardinale di primissimo piano, uno che adesso starebbe dietro a Bergoglio. Marcinkus è morto e non può smentire, il cardinale, se ci fu, non sappiamo chi potrebbe essere”. Dai, neanche come ipotesi… “No, fermati, ripeto: se ci fu, non sappiamo chi potrebbe essere. Questo lo scrivi proprio così”.
Per completezza di informazione riferisco che, per il caso Orlandi, il nome di monsignor Marcinkus viene associato anche all’attività della banda della Magliana, ma molti lo scagionano perché, assicurano, preferiva le donne mature.
“Piuttosto, dovresti sapere un’altra cosa” dice C. “Anzi, dovresti venire con me quando seguo certi personaggi che, se li vedi in giro per Roma, non immagini neanche che un’ora prima magari hanno detto messa e fatto la comunione. Dovresti vedere come amano il cambio di identità, il travestimento. Questa è una mia opinione, ma quando li vedo all’altare penso che anche lì godano del travestimento e solo di quello. Non me ne intendo e non so cosa consacrino… Sei tu quello che parla di chiesa invertita. Te lo dico da profano, lì dentro c’è un mostro”.
Era stato monsignor D., che lavora all’interno delle mura leonine, a parlarmi tempo fa di qualcosa che somiglia tremendamente a un mostro. Lui aveva usato il termine “Drago” per dare meglio l’idea del male personificato che si manifesta attraverso la malversazione del Corpo Eucaristico e, come naturale o preternaturale pendant, la molestia omosessuale. “Dovrebbe vedere cosa accade in certe sacrestie, caro mio. Spero sempre che durante certe Messe le ostie consacrate vengano consumate tutte per evitare ciò che può avvenire dopo. Lo sa che questi signori preferiscono celebrare la messa nuova nelle vecchie chiese, in cui c’è ancora il tabernacolo al centro sull’altare maggiore? E lo sa perché? Perché quando si piegano sull’altare nuovo al momento della consacrazione mostrano il sedere all’Altissimo. È il segno del Drago”. Sempre monsignor D. mi aveva raccontato di un conoscente, un laico appena sposato, abbordato e molestato dal predatore seriale di turno al suo primo giorno di lavoro in Vaticano. “Ci siamo stati attenti e lo abbiamo messo al riparo, ma non sempre è possibile sventare l’opera di questi travestiti”.
IL PASTORE CHE PROFUMA DI CASHMERE La chiacchierata con C. e il ricordo di quanto mi aveva detto monsignor D., quell’insistere sul travestitismo, mi riportano indietro di una decina di giorni, a fine maggio, questa volta a Milano, capitale della moda. La collega E. è tremendamente radicalchic, radicalissima e sciccosissima. Abbiamo fatto il praticantato nello stesso giornale una trentina di anni fa e abbiamo dato l’esame da professionista nella stessa sessione. È come aver fatto il militare insieme, si rimane amici nonostante tutto.
Ora E. lavora per un giornale di moda e vive di sfilate e passerelle, come si usa dire la gente di mondo, tra Parigi, Milano e New York, che non ho mai capito se significhi a metà strada o in ciascuno di questi posti. Evidentemente è un concetto troppo cosmopolita per un contadino bergamasco.
Avevo chiamato E. subito dopo quel festival del travestitismo che è stato il “Met Gala” andato in scena a New York il 7 maggio scorso, con grande concorso di alto e basso clero. Bisogna sapere che il “Met Gala”, organizzato dal “Metropolitan Museum of Art” di New York in collaborazione con “Vogue US”, è l’evento mondano più atteso dal fashion system internazionale e ogni anno è dedicato a un tema diverso. Quello del 2018 è stato particolarmente “diverso” e lo si intuisce fin dal titolo: “Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination” (Corpi celestiali: la moda e l’immaginazione cattolica). Abiti e paramenti sacri forniti dal Vaticano grazie ai buoni uffici, in primis, del cardinale Gianfranco Ravasi sono stati posti “in dialogo” con le creazioni di Coco Chanel, Donatella Versace, Jean-Paul Gaultier, Dolce&Gabbana, John Galliano, Cristóbal Balenciaga et similia. Sul red carpet, hanno sfilato, tra gli altri, la papessa Rihanna con mitra e spacco vaginale, Jared Leto in stile Cristo barocco, Jennifer Lopez in abito cruciforme, Madonna sacerdotessa blasfemo-chic, Sarah Jessica Parker con un presepe in testa, Lily Collins piangente come una Mater Dolorosa.
Il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo della periferia esistenziale di New York, ha evitato la passerella, ma, fedele al principio di stare con un piede in sacrestia e l’altro nel bordello, si è presentato volentieri al ricevimento di apertura e ha posato sorridente con la padrona di casa, Anna Wintour, nei panni di una perfetta papessa in un candido Chanel, accompagnata dalla figlia Bee in rosso Valentino. Sorrisi ammiccanti e strette di mano si sono sprecati in una luciferina atmosfera rossa, in mezzo a comparse che agitavano rosari, brandivano croci, reggevano pochette a forma di pisside. Insomma, una nuova frontiera della strategia pastorale, con tanto di imprimatur del cardinale Ravasi, il quale ha spiegato: “La selezione offerta dalla mostra è marcata da un’indubbia qualità sontuosa: essa è stata esaltata nell’epoca barocca, ma è rimasta nell’ornamentazione liturgica dei secoli successivi. Si voleva, così, per questa via proclamare la trascendenza divina, il distacco sacrale del culto dalla ferialità quotidiana, lo splendore del mistero”.
Era necessario ricordare a chi non è pratico dell’ambiente che cosa sia stato questo evento del fashion system internazionale celebrato, per capire che cosa segue.
EMPIETÀ CLERICAL FASHION La collega E., come al solito, al telefono finge di non ricordare dove e con chi ha fatto il praticantato e sfoggia la solita aria terribilmente rarefatto-fashion. Speravo di cavarci qualcosa di più, invece mi sono sentito sciorinare una specie di comunicato stampa e un sotteso suggerimento a lasciar perdere.
Poi, un paio di settimane più tardi, E. mi richiama.“Ci sei domani in tarda mattinata? Arriva F. dagli States. Se ti interessa ancora avere notizie sul Met Gala, è la persona che fa per te, ci sguazza dentro anni. Scusa, ma l’altra volta avevo attorno troppa gente, non potevo parlare. Ciao”. E. annuncia l’arrivo di F. come il passaggio della Madonna Pellegrina nell’Italia degli Anni Cinquanta. In effetti, per il mondo della moda, F. è qualcuno, lo so persino io. Parla uno slang fashion newyorkese ancora più indecifrabile del bergamasco delle valli ed E. si incarica di tradurre. Abbiamo poco tempo e domanda cruciale è questa: come si sono trovati gli uomini di chiesa nel mondo della moda che conta? “Guarda che sono molto più a loro agio di quanto tu possa immaginare. Non so come vediate le cose voi cattolici, ma secondo me avete in mente una chiesa che non esiste. Non toccherebbe a me dirlo, ma penso che dobbiate aggiornarvi, si dice così, mi pare. Se c’era qualcuno di veramente mondano in tutto quello spettacolo sono stati proprio i sacerdoti che hanno seguito tutta l’organizzazione e quelli che hanno partecipato sulla ribalta e dietro le quinte. Non ho notato nessuna differenza tra loro e, che so? Rihanna, Jared Leto, Jennifer Lopez, Madonna… Lo stesso piacere per la trasgressione chic, per il travestimento… Non saprei come dire meglio… Ecco, sì, nel dare un significato diverso agli abiti che si portano”. Nel profanare, quindi… “Se capisco bene quello che dici, penso di sì, ma per me è positivo. Io penso che l’uomo intelligente e colto abbia il compito di dissacrare. Che cosa è la moda se non questo? Imporre un’abitudine, un comportamento e poi mutarlo a proprio arbitrio”. Invertire? “Se il termine ti rende tutto più chiaro, sì, invertire, capovolgere, ma abusando del potere che si ha in mano”.
IL CULTO DELLA SCIMMIA Il cerchio si chiude proprio come si doveva chiudere, attorno a una chiesa invertita che professa una fede invertita e modella un uomo invertito che si alimenta di una spiritualità invertita, celebra un rito invertito in templi invertiti e pratica una morale invertita.
C’è un passo della Mistagogia di San Massimo il Confessore che pare scritto proprio per spiegare come il pensiero di F. si applichi al dilagare dell’inversione nella chiesa cattolica. Il quarto capitolo, quello in cui l’edificio della chiesa viene paragonato alla struttura dell’essere umano: “E ancora, la santa chiesa di Dio è come l’uomo: ha per anima il santuario, per intelletto il divino altare e per corpo la navata essendo, in quanto è a immagine e somiglianza dell’uomo, che creato a immagine e somiglianza di Dio. Essa presenta attraverso la navata, come attraverso un corpo, la filosofia morale; espone spiritualmente attraverso il santuario, come attraverso un’anima, la contemplazione naturale e manifesta, attraverso il divino altare come attraverso un intelletto, la teologia mistica. A sua volta, l’uomo è una chiesa mistica. Attraverso il corpo, come attraverso la navata, fa brillare virtuosamente la facoltà pratica dell’anima grazie alla filosofia morale. Attraverso l’anima, come attraverso il santuario, offre a Dio i logoi della percezione sensibile, separati dalla materia in totale purezza di spirito grazie alla ragione, per la contemplazione naturale. Attraverso l’intelletto, come attraverso l’altare, invoca il silenzio della grande voce invisibile e sconosciuta della Divinità, celebrata nel Santo dei Santi, con un silenzio loquace e fragoroso. E per quanto all’uomo è concesso, grazie alla teologia mistica, vive con presso la Divinità e diviene come dev’essere colui che è stato giudicato degno della visita di Dio ed è contraddistinto dal suo segno con i suoi fulgidissimi splendori”.
Basta entrare in qualsiasi chiesa del giorno d’oggi, di nuova costruzione o semplicemente adattata al nuovo rito, per comprendere che più nulla è al suo posto. Tutto è stato capovolto, invertendo l’immagine dell’uomo e della divinità. Ma l’edificio rimane pur sempre un tempio e, in un tempio, viene celebrato un culto, e qui sta qui il problema: dove non viene adorato il vero Dio rappresentato secondo la sua vera immagina, si adora la sua scimmia rappresentata secondo la sua immagine capovolta. Che lo si voglia o che non lo si voglia.
La chiesa che si riconosce in questo capovolgimento, salvando le cellule sane di cui parlava don B., viene detta atea, però è una definizione impropria. Magari lo fosse, ma per sua natura non può esserlo, deve necessariamente credere in qualcosa, altrimenti non sarebbe più una chiesa. Sembra una chiesa atea a causa della diffusione planetaria della inversione sessuale, del mutamento della morale e della dottrina o della negazione della Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia. Ma questi sono solo segni, semplice conseguenze, dell’inversione della fede e non della sua assenza. Non sono lo scopo finale della scimmia di Dio, ma solo strumento e il soldo con cui la scimmia utilizza e ripaga i suoi servi. La violenza e la sottomissione, quando entrano nell’intimità del corpo, del pensiero e dell’anima, diventano strumenti di potere e di appagamento.
Il disegno vero è è la profanazione di Nostro Signore Gesù Cristo, della sua immagine, degli edifici in cui viene adorato, dei paramenti e degli oggetti realizzati per il suo culto, dei corpi e delle anime dei suoi fedeli e, sommamente, del suo Corpo Eucaristico. Non è vero che i sacerdoti del culto invertito non credono nella transustanziazione del pane e del vino al momento della consacrazione. Lo sanno benissimo che è tutto vero, hanno bisogno che si compia il miracolo perché solo così possono celebrare il rituale che rende visibile e concreta la violenza metafisica demoniaca, lorda e profanatrice. Vogliono che non ci credano i fedeli e lo stuolo di sacerdoti istruiti al dubbio perché, nei confronti della Presenza Reale si diffonda un’indifferenza tale da non turbare il loro culto profanatore. Non si difende ciò in cui non si crede. Il sostanziale ateismo del popolo di Dio è strumento della fede invertita delle élite infernali.
Per questo sarebbe un grave errore indignarsi solo dal punto di vista umano per le oscene imprese dei chierici predatori di sesso. Non sono soltanto atti terribili sul piano della legge naturale, sono soprattutto atti terribili sul piano della legge soprannaturale perché sono uno sfregio a Dio compiuto nel nome di Satana. Sono prodromi e conseguenze del culto della scimmia. E chiunque ne nasconda almeno uno si fa servo del demonio: come e più di chi lo ha compiuto.